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domenica, gennaio 04, 2015

Focus on the novel #3: Parigi, amore e altri disastri di Marta Savarino

Buona sera a tutti, bloggers e lettori! Questa sera vi presento la terza "Focus on the novel", tutta dedicata a "Parigi, amore e altri disastri" di Marta Savarino, libro che come sapete bene io ho amato profondamente. Vorrei dirvi qualcosa di più, ma ho paura di svelarvi troppo, perciò ecco qua l'intervista in cui conosceremo a fondo i personaggi di questo bellissimo romanzo e anche la scrittrice stessa.


G: Benvenuta nella nuova rubrica di “Fantasticando sui libri”, Marta! Lo scopo di “Focus on the novel” è di scoprire i processi creativi che portano uno scrittore a creare il proprio romanzo, le difficoltà che questi incontra durante la stesura e le cose o le persone alle quali si ispira per scrivere determinati personaggi o scegliere determinate ambientazioni. Innazitutto, com’è nata l’idea di scrivere il romanzo?
M: Anzitutto grazie per lo spazio che mi dedichi sul blog! Per quanto riguarda questo romanzo, l’idea è nata da un racconto che avevo scritto qualche anno fa per un’antologia che non è mai stata pubblicata. Rileggendolo mi sono detta “ E adesso? Non può finire così!” così ho cominciato a scrivere prendendo spunto dalla mia vita, da situazioni reali che ho vissuto io stessa e così è nata la storia di Nadia, Andrea e dei loro disastri amorosi a Parigi.

G: Adesso parliamo un po’ dei personaggi, che a mio avviso sono uno più simpatico dell’altro e partiamo con la protagonista, con Nadia. A chi o cosa ti sei ispirata per creare il suo personaggio?
M: Nadia sono io… lo confesso. Certi casini che si trova a vivere li ho vissuti anche io anche se non ho avuto la fortuna di fuggire a Parigi! Il nome invece l’ho “rubato” a mia figlia maggiore, Nadia.

G: E ora parliamo di Andrea, il co-protagonista del romanzo, l’oggetto dell’amore di Nadia, il ragazzo per cui lei lavora e che le spezza il cuore. A chi o cosa ti sei ispirato per crearlo?
M: Inizialmente vedevo tra i due un rapporto molto stile Tony Stark - Pepper Potts, hai presente Iron Man? Ecco, in quel periodo ero fissatissima con quei film così mi piaceva l’idea di scrivere di una coppia capo/assistente - tuttofare che poi si innamora. Ma Andrea non è Tony, è molto meno “supereroe” e molto più umano. Man mano che scrivevo e il poveretto cercava in tutti i modi di riconquistare Nadia, mi innamoravo sempre di più di lui!

G: Quando Andrea spezza il cuore a Nadia, veniamo a sapere che la zia di Nadia si chiama Carla e vive a Parigi con la figlia Angelica e il marito. Loro sono davvero uno spasso. A chi ti sei ispirata per creare la zia Carla e Angelica?
Allora devi sapere che ho una sorella di nome Carla…che ha una figlia che si chiama Angelica che adesso ha soltanto due anni ma mi sono immaginata il loro rapporto futuro quando mia nipote sarà un’adolescente come era mia sorella a quell’età! E zia Carla è molto simile a mia sorella adesso che ha poco più di trent’anni.

G: Parigi è lo sfondo di questo bellissimo romanzo ed è descritta molto bene. So che ami viaggiare, perciò, mi chiedevo se potessi raccontare ai nostri lettori del tuo viaggio a Parigi.
Parigi l’ho vista più volte, la prima da ragazzina a 17 anni con la famiglia e l’anno dopo sono tornata insieme a mia sorella Carla. Io e lei da sole nella città dei nostri sogni! Il primo giorno ci hanno rubato la macchina fotografica così abbiamo speso tutto quello che avevamo per comprarne un’altra ( non avevamo né bancomat né carta di credito, figuriamoci! ) così abbiamo vissuto con pochissimi soldi per una settimana mangiando quel che riuscivamo ad arraffare a colazione e andando da Mc Donald’s la sera. Ecco, questo viaggio me lo ricorderò per sempre e ancora ridiamo come matte a ripensarci. Non eravamo praticamente mai uscite di casa e ci ritrovavamo sole e senza soldi in una città come Parigi. Ma siamo sopravvissute e lo rifaremmo molto volentieri un viaggetto io e lei da sole… ma stavolta con la carta di credito nel portafoglio! Da allora sono tornata diverse volte con la mia famiglia, l’ultima volta pochi mesi fa a ottobre per festeggiare i 7 anni di mia figlia Nadia.

G: Qual è il tuo personaggio preferito?
M: Ovviamente Nadia!

G: Qual è invece il personaggio che non sopporti?
M: Nessuno… davvero, li amo tutti perché in ognuno c’è qualcosa di persone a cui voglio bene: i miei genitori, le mie sorelle ( Nadia ha una sorella minore, Giulia, che compare poco ma è svampita quanto mia sorella minore, Giulia anche lei… ), mio marito, amici e addirittura clienti del lavoro!

G: In quale personaggio rivedi te stessa?
M: Di nuovo: Nadia… rivedo me stessa a 20 anni e mi rivedo adesso che ho superato i 30!

G: Il finale è stato stupendo e lascia i lettori (almeno me), sperare in un seguito. Tu cosa ne dici? Ci sarà un seguito di “Parigi, amore e altri disastri”? Io lo leggerei subito!
No, non ci sarà. La storia di Nadia e Andrea finisce lì dove li ho lasciati… con il loro lieto fine.

G: Quali attori o cantanti vedi bene nel Dreamcast del tuo libro?
M: Allora, per Andrea non ho dubbi: ormai tutti gli uomini di cui scrivo da un po’ di tempo a questa parte hanno il volto e il corpo di David Gandy. Portate pazienza ma sono fissata! Per Nadia non saprei… non l’ho mai visualizzata con un volto noto, ma se devo scegliere vedrei bene Katie Holmes con i capelli corti e con gli occhiali da vista come la mia protagonista.



G: Saluta i nostri lettori con una delle tue citazioni preferite in assoluto tratte da “Parigi, amore e altri disastri”.
M: Di parti che amo più di altre ce ne sono diverse, ma il momento che preferisco devo confessare è proprio quando Nadia ha la crisi di nervi quando capisce che Andrea l’ha presa in giro e l’ha scaricata dopo la notte insieme. Scrivevo quel pezzo e ridevo immaginandola completamente fuori di testa e furiosa. Quindi per concludere quest’intervista, vi lascio un estratto dal capitolo tre intitolato “Cambiamenti” quando Nadia dopo la crisi isterica decide di fuggire a Parigi :

Dannati tacchi, cosa mi serve girare per casa con dodici centimetri di tacco? Tolgo le scarpe e butto pure quelle nel cestino. Con la bottiglia. Sto diventando pazza.
Davvero non capisco perché ha dovuto recitare la parte di quello interessato, che ci tiene a passare con me non solo qualche ora ma un intero weekend. Che senso ha? Non si era divertito abbastanza? Voleva concludere la commedia con questa stronzata del fine settimana insieme? Beh, poteva risparmiarsela!

«Sì, so come sei fatto… Sei fatto male!», esclamo mentre cerco il Martini nel frigorifero. Lo so è presto, ma da qualche parte nel mondo saranno le sei del pomeriggio. Ora dell’aperitivo, fuso orario di Mosca magari? Sì, va benissimo. Me ne verso un bicchiere e anziché fermarmi in cucina ho la brillante idea di andare in camera da letto.
Apro la porta della mia stanza e indovinate un po’? Il suo dannato profumo mi travolge. Era lì, in agguato e aspettava solo me. Storco il naso e corro ad aprire la finestra. Do un’occhiata al letto sfatto, le mie lenzuola preferite, quelle rosa e lilla, ridotte a uno straccio e quel dannato profumo dappertutto.
Forse tra cinque minuti me ne pento ma prendo le lenzuola, tolgo le federe ai cuscini con una rabbia che non credevo di avere e le butto giù dalla finestra.
«Sì, signora del terzo piano, chiami pure i vigili. L’esaurita del quarto piano dà i numeri, ricoveratela!», dico osservando le lenzuola atterrare sul marciapiede e ringrazio che in questo momento non stia passando nessuno.
Mi siedo sul materasso e finisco il Martini. È forte ma momenti come questi non si accompagnano all’acqua naturale. Mi gira la testa per la rabbia, la vergogna e la frustrazione. Nel giro di poche ore sono passata dalla felicità e l’euforia all’incazzatura e alla rabbia più nera. Il mio sistema nervoso subirà delle conseguenze, me lo sento. E se avrò bisogno di uno psicanalista ed entrerò a far parte del club degli alcolisti anonimi la colpa sarà soltanto sua. Dello stronzo.
Non voglio piangere, sono grande, dopotutto mi ha solo presa in giro, non è una tragedia mi dico. Ma sento le lacrime bruciarmi gli occhi e crollo. Come ho potuto fidarmi di lui? Non so cosa mi passa per la testa ma corro a prendere il cellulare nella borsa, forse con la remota speranza che lui mi abbia cercata e invece niente, tranne un messaggio della Vodafone e una chiamata persa di mia madre a testimonianza della mia intensa vita sociale, niente da parte sua.
«Cosa mi aspettavo, dopotutto?», mi dico e rimetto il telefono a posto.
Ho bisogno di una doccia e devo capire cosa fare. Parliamoci chiaro: sono senza lavoro e con il cuore spezzato. Cosa posso fare?
Mi spoglio e getto i vestiti nel cesto della biancheria da lavare e accendo il getto dell’acqua calda. Mi guardo allo specchio, ho un aspetto orribile. Come ho potuto ridurmi così per colpa di…di…
«Ah! Basta!» Non voglio più pensarci!
Sì, come no… Non pensarci. Fosse così facile spegnerei il cervello da qui ai prossimi dieci anni…

Giada
 
 
 

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