Fumo negli occhi. Fra i capelli aggrovigliati dal sudore,
nei polmoni affamati di ossigeno, fra i pensieri disordinati. C’è fumo ovunque,
intorno a me, fra corpi accalcati e tesi nello sforzo di divertirsi a tutti i
costi, i drink buttati giù tutto d’un fiato, le sigarette fumate con le braccia
alzate, la musica che ci riverbera dentro ma non ci tocca mai. Un altro sabato
sera, in poche parole. Come tanti altri, sbiaditi e confusi. Ma stasera è
diverso. La musica è più chiara, definita.
Vorrei che fosse così anche per me.
Ma sono solo una macchia sullo sfondo.
La vedo, unico volto
nitido in quella massa informe e vibrante. I capelli rossi spiccano tutte le
volte che salta a ritmo con la mia musica. Vorrei sapesse che suono aspettando
il momento di vederla emergere dalla folla.
Vorrei strappare quel velo di fumo bianco che ci separa,
scendere dal palco e andare da lei. Ma se lo facessi, se infrangessi quella
barriera, tutto finirebbe, e io ho paura di mostrarmi per quello che sono
veramente: una persona anonima, senza nulla di speciale eccetto il talento per
la musica.
Una macchia che ha cercato di staccarsi dallo sfondo.
Ha gli occhi chiusi, come se noi non esistessimo e lui
stesse suonando solo per sé stesso. Bevo più di quanto dovrei, salto perché lo
fanno gli altri, trascinata da una forza che mi spinge ad alzare i piedi. Gli
amici mi chiedono che cos’ho e dopo pochi tentativi si arrendono. Mi lasciano
da sola e vanno a cercare divertimento altrove, non sono di compagnia stasera.
Perdo la nozione del tempo, perché sono voluta venire? Non stiamo più insieme, continuo a ripetermi. Cerco di farmi
notare.
Perché non lo vede?
Perché non mi vede?
Tutto si fa confuso, tranne la sua voce che risuona
nitida nella mia testa. È lei a tenermi a galla.
La cerco ma non la vedo.
Ancora un pezzo e avremo finito. Cerco di concentrarmi sugli accordi ma non ci
riesco, sono troppo nervoso. Alzo lo sguardo e lei è di nuovo là, ma non da
sola. Sta ballando insieme a un uomo. “Non importa”, mi ripeto. “Non stiamo più
insieme”. Ma non riesco a staccarle gli occhi di dosso.
Perché non lo vede?
Perché non mi vede?
Lui le sussurra qualcosa
all’orecchio e si allontanano dalla pista da ballo. Io concludo il pezzo,
lascio la chitarra a terra fra le proteste di tutti e scendo dal palco, nel
panico. Ripenso alla nostra storia. Agli attimi mancati e alle parole taciute e
a quelle che ci siamo gettati addosso solo per orgoglio. Rivedo tutto questo, mentre
mi faccio largo verso l’uscita con il cuore pesante e spingo la porta a vetri.
Delle mani mi coprono gli occhi. Non lo vedo, ma so che è
lui. Il braccialetto che gli ho regalato per il nostro ultimo anniversario
tintinna. Il suo odore emerge tra la puzza di sigarette e sudore. Sorrido. Mi
giro e i suoi occhi grigi mi fissano, con un’intensità che non mi hanno mai
rivolto prima.
Parla a bassa voce: «Scusami se non ti ho detto nulla del
tour. Scusa se non ho apprezzato quello che ogni giorno fai per me. Pensavo che
la musica fosse la cosa più importante della mia vita. Ma tu mi rendi quello
che sono, dai valore a ogni mia canzone. Ora lo so. Lo vedo.»
Poso le mani sui suoi polsi. Ci siamo rincorsi tutta
l’estate, solo per arrivare a questo punto.
«Io ti sosterrò sempre, Alex. Ma stasera ho capito che non
voglio più vivere nella tua ombra. Voglio sollevare i piedi e staccarmi dallo
sfondo grazie ai miei quadri, come tu hai fatto con la musica. Sei stato proprio
tu a mostrarmi come fare. Devo trovare la mia strada da sola.»
Lui mi accarezza la guancia e annuisce, consapevole che con
ogni probabilità quello è un addio.
«E allora fallo. Salta oltre le tue paure. Io sarò sempre
lì e ti guarderò spiccare il volo.»
xoxo,
Giada
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