Titolo: La stagione degli scapoli (la prima commedia degli equivoci targata Gargoyle)
Autore: Vincenzo MonfrecolaCollana: Books
Costo: 16 €
Pagine: 207 pagine
Sinossi:
Gli uomini possono davvero fare a meno delle donne?
Londra, inizi del Novecento: abbandonato malamente dalla fidanzata Vera alla vigilia delle nozze, il critico letterario Cyril Billingwest affoga la sua delusione gettandosi a capofitto nella stesura de Le dodici mosse di Ulisse, animoso prontuario rivolto agli scapoli in cui l’io narrante eroe omerico indica una dozzina di regole infallibili per tenere lontano lo spettro insidioso del matrimonio. Venuto a conoscenza del progetto letterario, George Billingwest, astuto e calcolatore quanto Cyril è candido e romantico, propone al cugino di utilizzare il suo vademecum come statuto di un sindacato maschile da fondare insieme. La neoistituzione, improntata alla più rigorosa misoginia, si chiamerà: Scapolificio Billingwest. Deputata a coordinare la macchina organizzativa dovrà essere – in ossequio alla 12a mossa di Ulisse – una segretaria tuttofare “brutta e antipatica così da accentuare in ogni uomo la propensione alle magnificenze di una vita solitaria”. A presentarsi all’appello è Penelope Truton, una giovane donna che, invece, è bella, simpatica e di spiccata perspicacia. Ed ecco che le carte cominciano a sparigliarsi, poiché i due cugini restano irretiti dalla ragazza per motivi opposti e la reclutano, trasgredendo allo Statuto. Refrattaria a ogni soluzione troppo facile, Penelope dimostra subito un’indomabile volontà di pensare con la propria testa, venendo a scoprire cose che metteranno a dura prova le sorti dello Scapolificio...
Tra gite balneari impreviste, movimentate tenzoni poetiche e match di pugilato disputati alla bell’e meglio, scivola una briosa commedia d’antan, dove tutto risulta ribaltabile con grazia.
Ne La stagione degli scapoli emerge la ritemprante inattualità che caratterizza anche le precedenti prove di Vincenzo Monfrecola. Lo scrittore partenopeo si smarca con naturalezza da mode, classificazioni e da una certa cupezza letteraria assai acclamata e va contro corrente; segue una strada completamente sua che è un omaggio reiterato all’Inghilterra edoardiana, imbevuto di positivismo e puntellato di dandismo, dove il cinismo viene messo alla berlina e, soprattutto, lo humour è sempre in agguato. Situazioni comiche, battute di spirito, parossismi, equivoci esilaranti e congetture concorrono, infatti, alla creazione di un’atmosfera di leggiadria giocosa e di una trama coinvolgente imperniata sull’annoso tema dei rapporti uomo/donna.
Con una una prosa chiara e scorrevole – notevolmente vivace nei dialoghi –, l’autore ripristina, almeno nella finzione letteraria, quella giustizia amorosa che di frequente latita nelle storie sentimentali reali, un invito garbato a smantellare reciprochi pregiudizi e diffidenze.
Vi lascio con una citazione di un noto e amato scrittore inglese che scrisse "Il ritratto di Dorian Gray": "
Occorre che un nuovo edonismo ricrei la vita, salvandola da quell'aspro e goffo puritanesimo che ha avuto, ai nostri giorni, una strana rinascenza. Esso dovrà' farsi forte dell'intelletto, certamente, ma dovrà' anche rinnegare ogni teoria, ogni sistema che esige il sacrificio di una forma qualsiasi di esperienza passionale. Questo edonismo avrà' per scopo l'esperienza stessa, e non i frutti dell'esperienza, dolci o amari che siano. Ignorerà' tanto l'estetismo che addormenta i sensi, quanto la libidine che li attutisce. Ma insegnerà' all'uomo l'arte di concentrarsi sui momenti di una vita che non è in se stessa che un momento."
(Oscar Wilde)
Sinossi:
Gli uomini possono davvero fare a meno delle donne?
Londra, inizi del Novecento: abbandonato malamente dalla fidanzata Vera alla vigilia delle nozze, il critico letterario Cyril Billingwest affoga la sua delusione gettandosi a capofitto nella stesura de Le dodici mosse di Ulisse, animoso prontuario rivolto agli scapoli in cui l’io narrante eroe omerico indica una dozzina di regole infallibili per tenere lontano lo spettro insidioso del matrimonio. Venuto a conoscenza del progetto letterario, George Billingwest, astuto e calcolatore quanto Cyril è candido e romantico, propone al cugino di utilizzare il suo vademecum come statuto di un sindacato maschile da fondare insieme. La neoistituzione, improntata alla più rigorosa misoginia, si chiamerà: Scapolificio Billingwest. Deputata a coordinare la macchina organizzativa dovrà essere – in ossequio alla 12a mossa di Ulisse – una segretaria tuttofare “brutta e antipatica così da accentuare in ogni uomo la propensione alle magnificenze di una vita solitaria”. A presentarsi all’appello è Penelope Truton, una giovane donna che, invece, è bella, simpatica e di spiccata perspicacia. Ed ecco che le carte cominciano a sparigliarsi, poiché i due cugini restano irretiti dalla ragazza per motivi opposti e la reclutano, trasgredendo allo Statuto. Refrattaria a ogni soluzione troppo facile, Penelope dimostra subito un’indomabile volontà di pensare con la propria testa, venendo a scoprire cose che metteranno a dura prova le sorti dello Scapolificio...
Tra gite balneari impreviste, movimentate tenzoni poetiche e match di pugilato disputati alla bell’e meglio, scivola una briosa commedia d’antan, dove tutto risulta ribaltabile con grazia.
Ne La stagione degli scapoli emerge la ritemprante inattualità che caratterizza anche le precedenti prove di Vincenzo Monfrecola. Lo scrittore partenopeo si smarca con naturalezza da mode, classificazioni e da una certa cupezza letteraria assai acclamata e va contro corrente; segue una strada completamente sua che è un omaggio reiterato all’Inghilterra edoardiana, imbevuto di positivismo e puntellato di dandismo, dove il cinismo viene messo alla berlina e, soprattutto, lo humour è sempre in agguato. Situazioni comiche, battute di spirito, parossismi, equivoci esilaranti e congetture concorrono, infatti, alla creazione di un’atmosfera di leggiadria giocosa e di una trama coinvolgente imperniata sull’annoso tema dei rapporti uomo/donna.
Con una una prosa chiara e scorrevole – notevolmente vivace nei dialoghi –, l’autore ripristina, almeno nella finzione letteraria, quella giustizia amorosa che di frequente latita nelle storie sentimentali reali, un invito garbato a smantellare reciprochi pregiudizi e diffidenze.
Vi lascio con una citazione di un noto e amato scrittore inglese che scrisse "Il ritratto di Dorian Gray": "
Occorre che un nuovo edonismo ricrei la vita, salvandola da quell'aspro e goffo puritanesimo che ha avuto, ai nostri giorni, una strana rinascenza. Esso dovrà' farsi forte dell'intelletto, certamente, ma dovrà' anche rinnegare ogni teoria, ogni sistema che esige il sacrificio di una forma qualsiasi di esperienza passionale. Questo edonismo avrà' per scopo l'esperienza stessa, e non i frutti dell'esperienza, dolci o amari che siano. Ignorerà' tanto l'estetismo che addormenta i sensi, quanto la libidine che li attutisce. Ma insegnerà' all'uomo l'arte di concentrarsi sui momenti di una vita che non è in se stessa che un momento."
(Oscar Wilde)
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