Titolo: Muhammad Alì - L'ultimo campione, il più grande?
Autore: Rino TommasiCollana: Non-Fiction "Accadimenti"
Costo: 40 €
Pagine: 159
Sinossi:
Più di cinquant’anni di Boxe sviscerati appena fuori del ring.
Il racconto coinvolgente di una delle pagine più intense della Storia dello Sport, accompagnato da un suggestivo corredo di foto di repertorio per la maggior parte inedite in Italia.
Rino Tommasi prende in esame la spettacolare carriera di Muhammad Ali, di cui è stato testimone diretto. Dalla vittoria alle Olimpiadi di Roma del 1960 – quando era ancora Cassius Clay – all’incontro Ali-Foreman di Kinshasa nel 1974, fino all’ultima, toccante apparizione pubblica ai Giochi olimpici di Atlanta del 1996.
Suddiviso in capitoli/rounds, ricco di aneddoti, retroscena e curiosità, Muhammad Ali - L’ultimocampione, il più grande? racconta con efficacia come Ali sia stato capace di travalicare i confini della boxe e di calamitare un interesse mondiale attorno a questa disciplina, ammantandola di un’allure di grandiosità ed epicità senza precedenti.
Il tre volte campione del mondo dei pesi massimi è stato il più grande?
Forse a livello tecnico no, ma il suo stile – fatto di rapidità, tecnica, agilità, reattività, coordinazione, prontezza di riflessi, gioco di gambe – ha certamente ingentilito uno sport altrimenti percepito come manifestazione di violenza e come puro annientamento dell’avversario. Non a caso il pugile diceva di se stesso: «Volo come una farfalla e pungo come un’ape».
Showman dall’indiscusso carisma e abilissimo promoter di se stesso, capace di utilizzare i media come non era mai stato fatto prima, dando vita a una reciproca e, a tratti, controversa fascinazione, Ali non dimenticò mai la sua gente, quella comunità di colore vittima di una discriminazione ignobile nell’America emblema della democrazia. Discriminazione che fino al 1964-’65 (biennio delle grandi legislazioni a sostegno dell’uguaglianza tra razze) non trovò alcun intralcio formale che l’arginasse. Proprio la pervasività dell’apartheid negli USA del ventennio Cinquanta/Sessanta avvicinò il fuoriclasse all’organizzazione dei Musulmani Neri, all’interno della quale avvenne la sua conversione all’Islam, motivo dell’abbandono del nome Cassius Clay. Oltre all’attivismo in favore della sua gente, Ali è stato, anche, in prima linea sul fronte pacifista e il suo rifiuto di arruolarsi nell’esercito, ai tempi della guerra del Vietnam (celebri le battute «Man, I ain’t got not quarrel withe them Vietcong» / «No Vietcong ever called me nigger»), gli costò un prezzo altissimo (condanna a 5 anni di reclusione – seppure nella pratica non scontò nemmeno un giorno di prigione –, multa di 10.000 $, ritiro del passaporto, revoca del titolo di campione e della licenza di pugile) che lo allontanò dal ring per più di tre anni all’apice del successo.
Tommasi intreccia la storia di Muhammad Ali con quella del pugilato moderno, segnata dall’avvento della televisione fino al binario morto su cui oggi questo sport sembra procedere. Dopo di lui nessuno, è riuscito a far risplendere la boxe a livello mondiale.
Vi lascio con una citazione di questo grande boxer: "Muhammad significa degno di lode, e Ali significa altissimo. Clay significa creta, polvere. Quando ho riflettuto su questo, ho capito tutto. Ci insegnano ad amare il bianco [white]ed odiare il nero [black]. Il colore nero significa essere tagliato fuori, ostracizzato. Il nero era male. Pensiamo a blackmail [ricatto]. Hanno fatto l'angel cake [pane degli angeli]bianco e il devil's food cake [torta del diavolo] color cioccolato. Il brutto anatroccolo è nero. E poi c'è la magia nera... Quel che voglio dire è che nero è bello. Nel commercio il nero è meglio del rosso. Pensate al succo di mora: più nera è la mora, più dolce il succo. La terra grassa, fertile, è nera. Il nero non è male. I più grandi giocatori di baseball sono neri. I più grandi giocatori di football americano sono neri. I più grandi pugili sono neri."
(Muhammad Alì)
Sinossi:
Più di cinquant’anni di Boxe sviscerati appena fuori del ring.
Il racconto coinvolgente di una delle pagine più intense della Storia dello Sport, accompagnato da un suggestivo corredo di foto di repertorio per la maggior parte inedite in Italia.
Rino Tommasi prende in esame la spettacolare carriera di Muhammad Ali, di cui è stato testimone diretto. Dalla vittoria alle Olimpiadi di Roma del 1960 – quando era ancora Cassius Clay – all’incontro Ali-Foreman di Kinshasa nel 1974, fino all’ultima, toccante apparizione pubblica ai Giochi olimpici di Atlanta del 1996.
Suddiviso in capitoli/rounds, ricco di aneddoti, retroscena e curiosità, Muhammad Ali - L’ultimocampione, il più grande? racconta con efficacia come Ali sia stato capace di travalicare i confini della boxe e di calamitare un interesse mondiale attorno a questa disciplina, ammantandola di un’allure di grandiosità ed epicità senza precedenti.
Il tre volte campione del mondo dei pesi massimi è stato il più grande?
Forse a livello tecnico no, ma il suo stile – fatto di rapidità, tecnica, agilità, reattività, coordinazione, prontezza di riflessi, gioco di gambe – ha certamente ingentilito uno sport altrimenti percepito come manifestazione di violenza e come puro annientamento dell’avversario. Non a caso il pugile diceva di se stesso: «Volo come una farfalla e pungo come un’ape».
Showman dall’indiscusso carisma e abilissimo promoter di se stesso, capace di utilizzare i media come non era mai stato fatto prima, dando vita a una reciproca e, a tratti, controversa fascinazione, Ali non dimenticò mai la sua gente, quella comunità di colore vittima di una discriminazione ignobile nell’America emblema della democrazia. Discriminazione che fino al 1964-’65 (biennio delle grandi legislazioni a sostegno dell’uguaglianza tra razze) non trovò alcun intralcio formale che l’arginasse. Proprio la pervasività dell’apartheid negli USA del ventennio Cinquanta/Sessanta avvicinò il fuoriclasse all’organizzazione dei Musulmani Neri, all’interno della quale avvenne la sua conversione all’Islam, motivo dell’abbandono del nome Cassius Clay. Oltre all’attivismo in favore della sua gente, Ali è stato, anche, in prima linea sul fronte pacifista e il suo rifiuto di arruolarsi nell’esercito, ai tempi della guerra del Vietnam (celebri le battute «Man, I ain’t got not quarrel withe them Vietcong» / «No Vietcong ever called me nigger»), gli costò un prezzo altissimo (condanna a 5 anni di reclusione – seppure nella pratica non scontò nemmeno un giorno di prigione –, multa di 10.000 $, ritiro del passaporto, revoca del titolo di campione e della licenza di pugile) che lo allontanò dal ring per più di tre anni all’apice del successo.
Tommasi intreccia la storia di Muhammad Ali con quella del pugilato moderno, segnata dall’avvento della televisione fino al binario morto su cui oggi questo sport sembra procedere. Dopo di lui nessuno, è riuscito a far risplendere la boxe a livello mondiale.
Vi lascio con una citazione di questo grande boxer: "Muhammad significa degno di lode, e Ali significa altissimo. Clay significa creta, polvere. Quando ho riflettuto su questo, ho capito tutto. Ci insegnano ad amare il bianco [white]ed odiare il nero [black]. Il colore nero significa essere tagliato fuori, ostracizzato. Il nero era male. Pensiamo a blackmail [ricatto]. Hanno fatto l'angel cake [pane degli angeli]bianco e il devil's food cake [torta del diavolo] color cioccolato. Il brutto anatroccolo è nero. E poi c'è la magia nera... Quel che voglio dire è che nero è bello. Nel commercio il nero è meglio del rosso. Pensate al succo di mora: più nera è la mora, più dolce il succo. La terra grassa, fertile, è nera. Il nero non è male. I più grandi giocatori di baseball sono neri. I più grandi giocatori di football americano sono neri. I più grandi pugili sono neri."
(Muhammad Alì)
Giada
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