mercoledì, ottobre 30, 2024

RECENSIONE DE LA CORONA DI OSSA (BLOOD AND ASH #3) DI JENNIFER L. ARMENTROUT

Buona sera, Fantastics! Nonostante io mi sia sentita estremamente stressata negli ultimi 15 giorni - tra la tensione per la visita che decreterà cosa mi faranno nella prossima operazione chirurgica - e il cercare il lavoro e cazzi e mazzi vari, alla fine sono riuscita a finire La Corona di Ossa. Poppy e Casteel, ma anche i Wolven mi hanno accompagnato durante questi 8 giorni - li ho appena contati, giuro! - veramente molto intensi. E dopo il primo della Trilogia del Baztan, direi che ci voleva proprio.

PREMESSA
Ho preso l'abitudine di terminare le saghe che ho lasciato a metà o che ho mollato all'inizio. Questa, in particolare, ci tenevo a leggerla. Perché mi sono sempre rivista molto in Poppy e nel suo modo di fare. E aspetto anche io un momento epifania, come quello che ha avuto lei qui, che mi permetta di liberare tutto il mio grandissimo potenziale. E so che c'è. Voglio usarlo. Ad ogni modo, di questo romanzo ho amato la complessità degli intrighi politici - e ce ne sono davvero tanti, che iniziano secoli prima questa serie - e niente... Preferisco di gran lunga Poppy e Casteel a Layla e Roth (solo loro, perché non ho letto altri romanzi della Armentrout, e solo Onyx non conta quindi valgono solo loro due).

TRAMA (DA GOODREADS.COM)
È STATA...

VITTIMA E SOPRAVVISSUTA

Poppy non avrebbe mai immaginato di innamorarsi del principe Casteel, e men che meno di essere ricambiata con lo stesso trasporto. L’unica cosa che desidera è godersi quella felicità inaspettata, ma il dovere li chiama: devono trovare i rispettivi fratelli prima che sia troppo tardi, e tutto lascia pensare che sarà una missione pericolosa, con conseguenze inimmaginabili.

NEMICA E GUERRIERA
Poppy non desiderava altro che tornare padrona della propria vita. Di certo non aspirava a controllare quella degli altri, eppure ora deve scegliere se rinunciare al suo diritto di nascita o appropriarsi della corona di ossa dorate e diventare la Regina di Carne e Fuoco. Ma quando vengono alla luce gli oscuri peccati e i sanguinosi segreti del regno, una potenza a lungo dimenticata riemerge, più minacciosa che mai, ed è disposta a tutto per impedire che Poppy porti quella corona.

AMANTE E ANIMA GEMELLA
Il pericolo più grande per Atlantia, però, si annida a occidente: la Regina di Sangue e Cenere trama da secoli per realizzare i suoi progetti, e per impedirlo Cas e Poppy dovranno addentrarsi nelle Terre degli dei e risvegliarne il re. Dovranno affrontare segreti terribili, tradimenti devastanti e nemici determinati a distruggere tutto ciò per cui loro hanno lottato, ma soprattutto dovranno decidere fino a che punto sono disposti a spingersi per il loro popolo… e l’uno per l’altra.

E ADESSO DIVENTERÀ REGINA…

RECENSIONE
Ogni volta che finisco un romanzo della Armentrout mi sento gasata come non mai, giuro. E adesso mi sento esattamente così - non solo perché ho il pepe sul mio povero culetto malandato perché voglio proseguire il racconto e guardarmi, allo stesso tempo, due espisodi di One Day - euforica. Quel finale, poi! Quel finale è da dieci e lode, impara dalla Armentrout, Stephanie Meyer!

Ma tornando a noi... Dunque, la storia riprende da dov'era terminata la precedente: Poppy e Casteel stanno vivendo il loro periodo Luna di Miele, dopo il matrimonio: le scene spicy abbondano a volontà - e non me ne lamento, eh! Anzi! - ma, purtroppo, non è destinato a durare a lungo. Ben presto, gli impegni che pendono sul loro capo come la Spada di Damocle saranno più forti del loro desiderio di rimanere l'uno di fianco all'altra, di prendersi cura a vicenda e di amarsi in modo incondizionato. Finalmente Poppy conoscerà Re Valyn e la Regina Eloana, i genitori di Casteel (e di Malik). Poter finalmente approfondire due personaggi così rilevanti è stato davvero bello, ma forse l'aspetto che, come ho detto su Instagram ho apprezzato di più, è stata l'evoluzione di Poppy. La Poppy - che vuol dire papavero in inglese, ndr- del primo romanzo non li avrebbe affrontati senza paura, anzi... li avrebbe temuti. L'evoluzione di Poppy è il fiore all'occhiello di questo romanzo, è ciò che rende questo romanzo unico nel suo genere - e sì, scusa Layla, ma Poppy emana più girl power di te. Casteel è un sottone sotto ogni aspetti, davvero. E lo ammetto, alcune delle frasi sdolcinate che lui usa le ho usate anch'io, nella mia saga fantasy. Quindi, bene? 

La cosa più bella è stato anche il fatto che, da circa metà, ci sia un colpo di scena ad ogni pagina. Ci sono entrate in scena di personaggi che, soltanto fino a quel momento, erano stati solo nominati. E che entrate in scena! Posso dire che Gianna Davenwell e Malik fanno il paio con la Grande Rivelazione della Regina Ileana. Okay, non dirò cos'è. Ma è incredibile. Nemmeno io, che ci azzecco sempre, stavolta ci ho azzeccato. Il fatto è che in questo romanzo nessun personaggio è davvero affidabile, e siccome io ci indovino sempre, stavolta ho cannato alla grande. Va beh, mi rifarò col prossimo romanzo. 

Ora filo sul serio a prenotarmi La Guerra delle Due Regine, because i'm seated. i'm not moving.
i'm not moving until further notice.

Comunque, avrei centinaia di citazioni da postarvi, ma non ho avuto il tempo materiale per farlo. 
Magari, più avanti la metterò. Dev'essere comunque dopo il Ponte del 31/10 e 1-2/11 perché la Biblioteca sarà chiusa durante il Ponte.

xoxo,
Giada

sabato, ottobre 19, 2024

RECENSIONE DE IL GUARDIANO INVISIBILE (TRILOGIA DEL BAZTAN #1) DI DOLORES REDONDO

Buon pomeriggio, Fantastics! O, meglio, buona sera. C'è un cielo talmente plumbeo e cade talmente tanta pioggia, che direi siamo nel mood esatto de Il Guardiano Invisibile della Redondo, dato che nella cittadina di Elizondo piove abbestia... come oggi lol

PREMESSA
Quattro mesi fa, ho visto tutta la Trilogia del Baztan su Netflix. Ho scoperto ch'era tratta da libri, quindi li ho messi subito nella mia TBR. Non mi aspettavo di leggerli molto presto. Ma ormai sapete com'è la storia: a causa dell'ansia per la mia ennesima operazione chirurgica, ho trovato che l'unico modo per tenerla a bada è leggere a manetta. Certo, se avessi avuto il contratto rinnovato dall'altro posto di lavoro, adesso mi sentirei un pochino meno in ansia costante - i miei denti non ringraziano, a tal proposito. Ma si fa quel che si può. Quindi, alla fine, ho letto un libro che è decisamente fuori dalla mia zona comfort - dovete sapere che a me non piacciono né le serie tv né i libri che hanno come protagonisti detective e via dicendo, ma in questo caso posso dire che mi ha sorpreso che mi è piaciuto. Non da 5 stelline e dire wow. Ma, insomma, è stata una bella lettura. Una bella e breve pausa dal fantasy e dal romantasy.

TRAMA (DA SALANIEDITORE.IT)
Amaia Salazar non è una donna qualunque. È una poliziotta esperta e intelligente, che è riuscita a superare l’ostilità dei colleghi uomini fino a guadagnarsi la loro stima. Anche la sua vita privata è ricca e appagante, grazie a un marito che la ama moltissimo. Ma quando una serie di delitti atroci la richiamano nel paese di origine dove vive la sua famiglia e che Amaia era ben felice di avere abbandonato, ogni certezza si sgretola improvvisamente: antiche angosce si risvegliano, segreti che sperava dimenticati e che invece ritornano, come se fossero misteriosamente collegati a quegli omicidi. Per risolvere il caso Amaia è costretta a confrontarsi con il lato buio della sua anima mettendo a rischio la solidità della propria vita, i legami familiari, perfino la certezza del proprio lavoro, e cercare l’assassino lungo i sentieri di antiche leggende, superstizioni inquietanti che parlano di un potere ancestrale e invincibile… Dolores Redondo ambienta Il guardiano invisibile tra i boschi della Navarra, nel Nord della Spagna: con perfetto equilibrio unisce suspense e folclore, dando vita a un thriller in cui i paesaggi si animano, teatro dell’azione del male e allo stesso tempo della sua sconfitta. Consacrato dal successo internazionale, Il guardiano invisibile si legge avidamente e immerge il lettore nelle sue atmosfere come un tuffo in acque profonde.

RECENSIONE
Il Guardiano invisibile è un romanzo particolare, un murder mystery, che però non è solo murdery mystery perché mescola folclore basco (il basajaun, la belage etc) ad eventi che potrebbero essere definiti reali/realistici. Senza parlare di ciò che ho amato, ma che mi ha annoiato anche, allo stesso tempo: la prolissità dei pensieri e delle riflessioni di Amaia. Ma, andiamo, essendo la protagonista, è una critica tirata proprio per i capelli.

Amaia Salazar è una dectective di Pamplona, che viene richiamata a lavorare a un caso nella sua città natia: Elizondo. Elizondo si trova in una valle oscura, piena di boschi, in cui si dice vi alberghino ancora le creature mitologiche del folclore locale: come dicevo su, il basajaun, la belage, le lamiak. Ma Amaia non è solo questo: è una donna che si è dovuta fare da sola, scappando letteralmente da Elizondo non appena ne ha avuto la possibilità, perché reduce da un tentativo di omicidio da parte di sua madre quando aveva solo nove anni. Questo tentativo di omicidio, reso in modo ancor più grafico nel film, descrive alla perfezione la perdita di lucidità, e la rabbia e l'odio della madre Rosario nei suoi confronti. Tuttavia, Amaia non è l'unica figlia di quella donna: abbiamo la maggiore, una stronza dittatrice chiamata Flora; una mezzana insicura e fragile, Rosaura e infine Amaia. Alcuni termini, come amà e aita erano difficili da capire, per fortuna il traduttore ha messo le note, altrimenti sarebbe stato impossibile capire la maggior parte del romanzo lol La lingua basca, in special modo l'euskera, è davveo molto complicata. Fosse stato un mix tra spagnolo e portoghese sarei riuscita a capirlo, ma questo proprio no. Insomma, in questo romanzo si mescolano omicidi di giovani donne e ragazzine, di un range d'età che varia dai 13 ai 20 anni, e il serial killer è un uomo tra i 25-45 anni che proviene da un'educazione castrante. La particolarità, è che pone sopra le parti intime uno txantxigorri, un dolcetto simile a quelli nostri siciliani con la frutta:


Sono questi, ma come potete vedere mi sono sbagliata alla grande e non somigliano per niente ai nostri siciliani. In poche parole, questo serial killer posa sulle parti intime delle vittime questo dolcetto. E' la sua firma, il suo modo per rendersi riconoscibile alle autorità.

Amaia dovrà affrontare, una volta per tutte, il suo trauma passato e, allo stesso tempo, fare i conti con i suoi problemi di fertilità. Tutte le donne della famiglia Salazar soffrono di questi problemi, e non se ne capisce la ragione o il motivo. Da parte mia, dopo la lettura di questo romanzo, ho più domande che risposte. Quindi mi sa che devo già prenotare il sequel?

Non ho citazioni con cui salutarvi, perciò la mia recensione si chiude qui.

xoxo,
Giada

domenica, ottobre 13, 2024

RECENSIONE DE LO HOBBIT (MIDDLE EARTH #0) DI J.R.R. TOLKIEN

Buon pomeriggio, Fantastics! Non mi sembra ancora vero che dopo ben più di 10 anni, finalmente vi sto postando la recensione di una delle mie saghe del cuore! Ho un belissimo ricordo di tutta la trilogia di LOTR, letta durante l'università e proprio durante il corso di filologia germanica - in un certo senso, è stata filologia germanica a farmi venir voglia di scoprire quest'autore, capostipite del fantasy internazionale, all'epoca. Quindi devo tutto a Paola Mura, la mia prof all'epoca, per avermi trasmesso l'amore per la sua materia e per la cultura celtica, in generale <3 

PREMESSA
Non avete idea da quanti anni rimandavo questa occasione. Non era mai il momento giusto. Finché, complice l'ansia per l'operazione - l'ennesima che dovrò fare - alla fine, finalmente, è giunto il suo momento. Come vi dicevo, amo molto filologia germanica. E' uno degli esami che ricordo con più affetto, dell'università. Difficile, certo. Ma molto interessante. E ricordo proprio che fu grazie alla mia prof Mura, di cui conservo ancora le dispense del suo corso, che iniziai a leggere Tolkien. Inutile dire che il resto è storia. E siamo giunti qui, dopo dieci anni, a postare finalmente la recensione nel blog. Non so nemmeno se rileggerò CS Lewis - lui e Tolkien erano molto amici, ma avevano una visione del mondo completamente diversa - e rileggendo le prime recensioni, mi sono resa conto di quanto sono cambiata durante gli anni. Quindi, di alcuni romanzi farò una nuova recensione perché io sono cambiata. La mia visione del mondo è cambiata, irrimediabilmente. E non trovo giusto non aggiorarvi. In fondo, non sono la stessa persona di dieci anni fa. Quindi, alla fine, ho recuperato Lo Hobbit. E che viaggio è stato! Un viaggio emozionante, doloroso e anche intenso! Ma merita. Merita assolutamente un sacco! E' una lettura più easy rispetto a LOTR, quindi secondo me, se state sperimentando l'high fantasy ci sta. 

TRAMA (DA LAFELTRINELLI.IT)
Per i lettori di tutto il mondo, Lo Hobbit è il primo capitolo del Signore degli Anelli, uno dei massimi cicli narrativi del XX secolo. Questa edizione vede la nuova traduzione della Società Tolkieniana Italiana, e le splendide illustrazioni di Alan Lee.

Gli hobbit sono (o erano) gente piccola, alta all'incirca la metà di noi, e più bassa dei barbuti nani. Gli hobbit non hanno barba. In loro c'è poco o niente di magico, a parte quella magia di tipo comune e quotidiano che li aiuta a sparire silenziosi e rapidi quando persone ingombranti e stupide come me e voi gli capitano intorno, con un rumore da elefante che essi sono in grado di sentire a un miglio di distanza.

Pubblicato per la prima volta nel 1937, «Lo Hobbit» è per i lettori di tutto il mondo il primo capitolo del «Signore degli Anelli», uno dei massimi cicli narrativi del XX secolo. Protagonisti della vicenda sono, per l'appunto, gli hobbit, piccoli esseri «dolci come il miele e resistenti come le radici di alberi secolari», che vivono con semplicità e saggezza in un idillico scenario di campagna: la Contea. La placida esistenza degli hobbit viene turbata quando il mago Gandalf e tredici nani si presentano alla porta dell'ignaro Bilbo Baggins e lo trascinano in una pericolosa avventura. Lo scopo è la riconquista di un leggendario tesoro, custodito da Smaug, un grande e temibile drago. Bilbo, riluttante, si imbarca nell'impresa, inconsapevole che lungo il cammino s'imbatterà in una strana creatura di nome Gollum.

RECENSIONE
Lo Hobbit è stata un'avventura su tutta la linea, una lettura easy e molto intensa, come solo la penna del Maestro del Fantasy può essere. Mi era mancato, il modo di scrivere di Tolkien. La sua scrittura vivida, cinematografica, in fondo capisco perché Peter Jackson si sia ispirato a lui e lo abbia usato come source material per i suoi più grandi successi al box office :)

Ma partiamo dal principio: Lo Hobbit parla di Bilbo Baggins, un hobbit che vive nella Contea di Hobbinton. E' un pantofolaio abitudinario, sebbene da una parte della sua famiglia - la parte Tuc - sia composta da avventurieri. Un giorno si presenta alla sua porta lo stregone buono Gandalf, che lo invita a partecipare a una missione nanesca, ma lui rifiuta. Fino a quando non si ritrova dodici nani nel suo buco-hobbit, ed è quasi costretto ad accettare l'offerta di Gandalf, in quanto gli viene promessa una parte dell'oro che il drago Smaug ha rubato ai nani, in particolar modo ai discendenti di Durin, ovvero i discendenti del nano Thorin. I nani non sono tutti uguali, anzi. Ognuno di loro ha il suo carattere e le sue fisse particolari, in particolare Bombur viene usato come comic relief in quanto grasso - te lo perdono Tolkien, solo perché mi hai fatto ridere un sacco! Il loro viaggio per giungere alla Desolazione di Smaug non è molto semplice, anzi! Si rivela costellato dalle più piccole e grandi difficoltà, ma devo dire che l'anticipazione di Elrond e di Gran Burrone è stata sicuramente una delle cose che mi ha fatto avere gli occhi a cuoricino per gran parte della lettura - e sì, sono reduce dalla seconda stagione de Gli Anelli del Potere, quindi capitemi. Percepitemi così, d'accordo? - e anche l'entrata in scena degli Elfi Silvani - elfi che dapprima sono malvagi, ma poi diventano buoni - gotta love some character development here, no? 

Una cosa che mi ha ricordato una delle leggende celtiche che ho studiato all'università, è stato senza dubbio quella di Bondr - il mutaforma che si trasforma in orso e che guida e aiuta gli orsi nelle vicinanze di Boscotetro. Non ricordo di preciso quale leggenda sia, ma so che è una leggenda. Non appena la troverò, sicuramente la posterò qui, perché so di averla già studiata sei/sette anni fa. Ad ogni modo, ho amato il modo in cui ogni elemento fantasy si mischiasse egregiamente all'elemento di cultura celtica, senza soffocare né l'uno né l'altro. Ma la cosa che mi ha fatto saltare sul letto è stato sicuramente l'entrata in scena de l'Anello. Sì, quell'Anello! E questa cosa mi ha gasata un sacco, ma mi ha fatto anche venir voglia di recuperare lo Sirmallion per leggere la storia de Gli Anelli del Potere, però i 9 libri che ho in prestito mi stanno guardando malissimo... quindi devo darmi una calmata, e andare per gradi. Altrimenti mi ritroverò con 20 libri in prestito, e solo uno restituito.

Ad ogni modo, sono grata a Giuly per avermi coinvolta. E sono felice di essere tornata a Middle Earth insieme agli elfi, agli hobbit, ai nani e a tutte le compagnie.

Vi lascio con un piccolo brano, invitandovi a recuperare Lo Hobbit non appena potete:
"Dov'eri andato, se non sono indiscreto?" disse Thorin a Gandalf mentre cavalcavano. 
"A guardare pià avanti," egli disse.
"E cosa ti ha portato indietro all'ultimo minuto?"
"L'aver guardato indietro," egli disse.
"Chiarissimo!" disse Thorin. "Ma non potresti essere più esplicito?"
"Andai avanti a perlustrare la nostra strada. Presto diventerà pericolosa e difficile. Inoltre ero andato a rifornire la nostra piccola scorta di provviste. Comunque non ero andato molto lontano, quando incontrai un paio di amici di Gran Burrone."
(Gandalf e Thorin)

xoxo,
Giada

martedì, ottobre 08, 2024

RECENSIONE DI PERCY JACKSON E GLI EROI DELL'OLIMPO - L'EROE PERDUTO (THE HEROES OF OLYMPUS #1) DI RICK RIORDAN

Buona sera, Fantastics! Oggi è una giornata un po' meh, nel senso che non sto molto bene e che preferirei andar avanti a guardarmi Kaos - sempre in tema mitologia greca - ma prima voglio a tutti i costi scrivere questa recensione. Almeno, di due libri che sto leggendo ne avrò già recensito almeno uno. E magari Lost aspetterà, stasera, perché voglio finire quella serie per sceglierne un'altra da guardare a spizzichi e bocconi al pomeriggio.

PREMESSA
La saga di Percy Jackson, la prima, mi è entrata nel cuore. Percy è prima un bambino, e poi un ragazzo, spiritoso. Divertente. E dalla lingua lunga. Tuttavia, ha un grande cuore e darebbe la vita per i suoi amici. Una cosa che ha in comune con Jason Grace, che si ritrova con la memoria settata nella mitologia romana. Ecco, avevo dimenticato certe differenze tra la mitologia greca e romana, voglio dire, almeno che uno non lavori con questi due temi o ci stia scrivendo un romanzo, la vedo dura... comunque un po' mi dispiace averlo finito... l'ho tirata lunga una settimana perché non volevo finirlo, ma adesso che l'ho finito mi dispiace un sacco. Non avrei voluto che finisse.

TRAMA (DA RAGAZZIMONDADORI.IT)
Jason si risveglia in uno scuolabus accanto al suo migliore amico Leo e alla sua ragazza Piper. Sarebbe tutto normale, se non fosse per un dettaglio: è la prima volta che li vede, e non ricorda nulla di sé.

Il mistero si infittisce quando una torma di spiriti della tempesta li attacca, e una tale Annabeth Chase plana a bordo di un carro volante in cerca di un certo Percy Jackson, scomparso dal Campo Mezzosangue.
È qui che Jason, Piper e Leo scopriranno di essere semidei e di dover affrontare un'impresa che decreterà il futuro dell'umanità: Era è stata imprigionata, e se non verrà liberata entro il solstizio d'inverno, i giganti risorgeranno per servire il sogno di distruzione di Gea, la perfida dea della terra.

RECENSIONE
Zio Rick è abile nel creare personaggi ai quali è facile affezionarsi, e anche in questo caso ha fatto centro. Jason, Piper e Leo sono personaggi a tutto tondi, dei ragazzi di quindici anni con cui è facile entrare in empatia e per cui è facile tifare. Sono curiosa di scoprire quale sarà la loro hybris - il loro difetto fatale - perchè ogni eroe greco ne ha uno. 

Jason si risveglia in un pulmino insieme a Piper McLean, la sua ragazza, e Leo Valdez diretti allo Skywalk di (scusate, non ricordo il paese). Tutti e tre si trovano in un campo scuola per ragazzi problematici, la Scuola della Natura, che ha lo scopo di insegnare loro come stare nel mondo. Tuttavia, mentre sono in quel paese, vengono attaccati dai ventus, spiriti del vento maligni che vogliono fare del male a Jason e ai suoi amici. E' lì che non solo Jason scoprirà i suoi poteri, ma anche Leo e Piper. Jason è, infatti, figlio di Giove. E, se mentre il resto del gruppo associa ad ogni identità una divinità greca, lui le associa a quelle romane. Ma perché Jason ricorda solo divinità romane non greche? Cosa ci fa al Campo Mezzosangue, dato che palesemente non ha nulla a che fare con loro?

Nel frattempo, Annabeth è alla ricerca disperata di Percy Jackson. Percy, infatti, è scomparso di punto in bianco e nessuno ha idea di dove si trovi. L'arrivo inaspettato del Trio - Jason, Piper e Leo - tutti e tre facenti parte della Grande Profezia e quindi parte dei Sette che guideranno le due fazioni in lotta contro un nemico più grande di loro, perfino più grande dei Titani: ovvero Gea. Gea, la Madre Terra, capace di essere tanto buona quanto crudele. E molto più crudele dei Titani. Questa prima battaglia non è altro che il riscaldamento... riusciranno i nostri semidei a salvare l'Olimpo?

Niente citazioni, oggi. Ma perlomeno ora che sono alla fine delle recensione mi sento un po' meglio.
Vediamo se bere un succo sarà una buona decisione o una pessima decisione.

xoxo,
Giada

martedì, ottobre 01, 2024

RECENSIONE DI CASA DI FOGLIE DI MARK Z. DANIELEWSKI

Buon pomeriggio, Fantastics! Non riesco a crederci nemmeno io, ho davvero finito questo romanzo! Date le premesse, credevo davvero che non ci sarei riuscita. L'Introduzione è stata una delle cose più lunghe, complesse e difficili che abbia mai letto negli ultimi anni. Tuttavia, sono felice di non averlo mollato dopo le prima 6 pagine - anche se, lo confesso, a primo acchito era quella la mia intenzione.

PREMESSA
Qualche mese fa, nel gruppo di Tortellini Chiacchierini, mi è stato consigliato questo romanzo. Sapevo soltanto a grandi linee di cosa trattava, e la prima volta che l'avevo prenotato nella Rete poi mi sono rimessa a scrivere, quindi alla fine l'ho rimandato indietro. Ebbene, sono felice di esser riuscita a leggerlo! Perfetto per la spooky season appena cominciata! E' un libro di metanarrativa molto molto impegnativo, che può essere letto con due chiavi di lettura: una horror e una come una storia d'amore... and guess what? Io l'ho letto come un horror, non poteva essere altrimenti.

TRAMA (DA LAFELTRINELLI.IT)
Impossibile inquadrare in una formula l’inquietante debutto di Mark Z. Danielewski, o anche solo provare a ricostruirne la trama, punteggiata di citazioni, digressioni erudite, immagini e appendici.

«Un'opera carnevalesca che va al di là di ogni canone, ha uno stile deflagrante che confonde i sensi e ha la capacità di destabilizzare il lettore mescolando vero e falso, reale e onirico.» – La Lettura

«Uno degli esemplari più interessanti e riusciti di letteratura ergodica, ovvero di quella letteratura che richiede al lettore uno sforzo maggiore e che consente allo scrittore di intervenire graficamente sul testo in funzione di personaggi e trama (note fitte, parole in colori diversi, font differenti e via dicendo).» – Tiziana Lo Porto, Il Venerdì

«Una delle narrazioni più ardite degli ultimi anni» – Robinson

«Questo romanzo diabolicamente brillante è impossibile da ignorare, metter giù o anche decidersi a finirlo. Se ne comprate una copia potreste persino trovarmi fra le sue pagine, ridotto in miniatura come Vincent Prize ne La Mosca, intrappolato per sempre nella rete delle sue maligne, bellissime pagine.» – Jonatham Lethem


Quando la prima edizione di Casa di foglie iniziò a circolare negli Stati Uniti, affiorando a poco a poco su Internet, nessuno avrebbe potuto immaginare il seguito di appassionati che avrebbe raccolto. All’inizio tra i più giovani – musicisti, tatuatori, programmatori, ecologisti, drogati di adrenalina –, poi presso un pubblico sempre più ampio. Finché Stephen King, in una conversazione pubblicata sul «New York Times Magazine», non indicò Casa di foglie come il Moby Dick del genere horror. Un horror letterario che si tramuta in un attacco al concetto stesso di «narrazione». Qualcun altro l’ha definita una storia d’amore scritta da un semiologo, un mosaico narrativo in bilico tra la suspense e un onirico viaggio nel subconscio. O ancora: una bizzarra invenzione à la Pynchon, pervasa dall’ossessione linguistica di Nabokov e mutevole come un borgesiano labirinto dell’irrealtà. Impossibile inquadrare in una formula l’inquietante debutto di Mark Z. Danielewski, o anche solo provare a ricostruirne la trama, punteggiata di citazioni, digressioni erudite, immagini e appendici. La storia ruota intorno a un misterioso manoscritto rinvenuto in un baule dopo la morte del suo estensore, l’anziano Zampanò, e consiste nell’esplorazione di un film di culto girato nella casa stregata di Ash Tree Lane in cui viveva la famiglia del regista, Will Navidson, premio Pulitzer per la fotografia, che finirà per svelare un abisso senza fine, spalancato su una tenebra senziente e ferina, capace di inghiottire chiunque osi disturbarla.

RECENSIONE
AAAAh! Quanto amo gli horror fatti bene (e scritti bene!). Questo romanzo, questo monumentale romanzo è un horror coi controfiocchi, che presenta due chiavi di lettura - di cui vi avevo già accennato - e di cui io ho scelto la lettura in chiave horror. Ma non è solo questo. Adesso, andrò nel dettaglio a raccontarvi di quest'experience letteraria fuori dal normale (V.M. Straka I see you, tu sei il prossimo!)

Casa di foglie non è un romanzo semplice, anzi. E' difficile da tenere in mano, dato la sua mole. E bisogna leggerlo per bene, non solo le parti dedicate al documentario sulla casa di Will Navidson e la sua famiglia - un fotografo premio Pulitzer che, per tentare di salvare la sua famiglia e il rapporto con sua moglie, decide di trasferirsi in una casa isolata, nelle campagne sperdute della Virginia. Bisogna leggere le note a piè di pagina, dato che è scritto come una sorta di tesi di laurea, con tanto di fake bibliografia e fake citazioni di autori di grosso calibro, come Stanley Rubik, Stephen King e Donna Tartt (trovo ironico tutto ciò, perché il libro che dovrebbe arrivarmi oggi è proprio della Tartt). Ci sono due stili di scrittura diversi, ma sono diversi anche a livello tangibile nel testo, tanto che il fake documentario ha una formattazione diversa, proprio come se tu stessi leggendo un articolo di una persona che ha studiato e si è documentata su La versione di Navidson, che altro non è che un documentario horror sulla casa. Il narratore è Johnny Truant, un ragazzo di circa vent'anni, che vive nella casa dove il suo vicino, un vecchio di nome Zampanò, ha tirato le cuoia. Zampanò ha lasciato un manoscritto incompleto, pieno di citazioni, su questo Will Navidson, i suoi figli, la sua famiglia e chiunque abbia gravitato attorno alla casa. La casa, che influisce sulla salute fisica e mentale delle persone con cui entra in contatto, e che è pervasa da una fredda e totale oscurità che divora qualsiasi cosa. In pieno stile Amytiville, insomma. Perché questo mi ha ricordato. Ma, quasi come a beffarsi del lettore, in una finta serie di interviste condotte da Karen Green - la compagna fedifraga e madre di Chad e Daisy - viene proprio detto ciò: che la casa non è costruita su un cimitero indiano. Peccato, perché sarebbe stata una spiegazione logica, quantomeno. Ma in questo romanzo non c'è niente di logico.

Le note di Johnny, un narratore inaffidabile sin dall'inizio, costituiscono gran parte delle digressioni sulla sua vita e sulla sua storia personale, e fin troppe volte la sua storia personale si fonde con quella di Navidson; tanto che mi sono ritrovata a supporre prima che Navidson fosse in realtà Zampanò. E poi, forse, a mettere in dubbio che tutto questo malloppo sia vero, cioè che sia una storia vera raccontata da Johnny. I traumi che ha subito Johnny da piccolo hanno seriamente compromesso la sua sanità mentale, su questo non c'è alcun dubbio. E le digressioni sono rese in un tale flusso di coscienza che è gran difficile trovare un punto in quel marasma di frasi collegate solo dalla virgola o dalla parentesi tonda. Ti lasciano proprio senza fiato, le sue digressioni. Ho iniziato a sospettare che tutta la storia non fosse reale, cioè non fosse una fake tesina, quando egli stesso ha dichiarato di inventare storie per far colpo sulla gente. Storie che racconta in modo credibile, talmente credibile che la gente non mette in dubbio il fatto che siano vere oppure no. E, secondo me, tutto questo mattone è la rappresentazione del bipolarismo di Johnny che poi... è davvero bipolare, oppure no? Le ultime lettere fanno pensare a tutt'altro. Ah, cavolo, era MOLTO più semplice 4321 di Paul Auster!

La cosa che ho trovato più disturbante e confusionaria, è il fatto che il confine tra la realtà e la fantasia è flebile, labile. Ti ritrovi a mettere in dubbio che ciò che tu stai leggendo sia davvero finto, inventato oppure se è davvero la realtà. In fondo, è questa la bellezza della metanarrativa, no? E' meta proprio per questo: ti fa mettere in dubbio ogni cosa, pure la tua sanità mentale lol

Devo ancora trascrivere le poche citazioni che ho trovato, quindi ci lasciamo qui.
Mi raccomando, se dovete leggerlo prendetevi una settimana o due. Leggete con calma.
Altrimenti questo mattone vi sembrerà insormontabile, e vorrete mollarlo su due piedi.

xoxo,
Giada
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