Titolo: Tutta colpa del tè
Autore: Marta Savarino
Genere: Rosa contemporaneo
Data di uscita: 01 aprile 2014
Prezzo: 1,50€ (gratis con Kindle Unlimited)
Pagine: 217
Link d'acquisto: http://www.amazon.it/Tutta-colpa-del-Marta-Savarino-ebook/dp/B00V8ZRGJO/ref=sr_1_7?s=digital-text&ie=UTF8&qid=1427464642&sr=1-7
Sinossi:
Credere nell’amore, avere fiducia in questo sentimento pare non essere più possibile per Luisa, innamorata e ingenua, vittima di una situazione e un uomo che le spezzano il cuore. Ma la forza motrice che anima ogni donna, l’amore per un figlio, sarà il suo punto di partenza, e la piccola che darà alla luce, riporterà lei stessa alla vita.
Luisa, sedotta e abbandonata, lascerà l’Italia con la piccola Viola al seguito e raggiungerà la sua famiglia, tornando a occuparsi della sua più grande passione: la cucina, lavorando presso l’albergo che i genitori gestiscono in Scozia. In un ambito familiare meraviglioso, protetta e sostenuta dai suoi cari, Luisa piano piano risorgerà dalle sue ceneri, ritrovando anche se a fatica, la tranquillità perduta. Le sue giornate, incentrate totalmente sul lavoro e sulla crescita della figlia, non lasciano spazio all’amore, a un uomo e a sentimenti con i quali sembra aver chiuso per sempre, barricandosi in un dolore che il tempo ha lenito, ma non ha cancellato. Fino a quando…
Beh lo sappiamo, al destino piacciono i colpi di scena. Galeotto fu l’albergo di famiglia, sua oasi di pace, ma anche culla silenziosa di grandi novità. Con l’arrivo di un nuovo membro dello staff, David Alexander Hamilton, per Luisa sarà tempo di cambiamenti e di pulsioni dimenticate.
Così come le stagioni si accavallano, quando la pioggia lascia spazio al sole che tutto rinnova, anche per Luisa inizierà un percorso di rinascita, in cui l’amore farà capolino prima, per sfociare poi in una passione incontenibile. Ma le ombre del passato, non solo quelle di Luisa, non saranno facili da arginare: David Hamilton nasconde un passato turbolento e un drammatico segreto.
Così come un temporale impazzito, la tempesta minaccerà i conquistati equilibri, minerà le ritrovate certezze e metterà ancora una volta tutto in discussione. Ma se a bussare alla porta è l’amore, quello vero, potrà la ragione farsi da parte e il passato essere cancellato?
Vi saluto con un breve brano estratto da questo romanzo che vi consiglio caldamente, io ho letto solo un libro di Marta, ma con la sua scrittura mi ha conquistata, quindi leggetelo, ve lo consiglio!:"Come può il giorno più bello nella vita di una donna trasformarsi, nel giro di un attimo, nel peggiore mai vissuto?
No, non sto parlando di un rifiuto sputatomi in faccia sull’altare di una chiesa il giorno delle mie nozze, come probabilmente avrete pensato leggendo.
No… il peggior giorno della mia vita l’ho passato in ospedale.
Sì, signore e signori, in ospedale.
Più precisamente nel reparto di maternità e ostetricia dell’Ospedale Sant’Anna di Torino, con una minuscola bimba di tre giorni tra le braccia e un borsone con la mia roba gettato ai miei piedi… Ah, anche in compagnia di infermiere, medici e ostetriche compassionevoli che, avendo intuito la mia situazione e mossi a pietà, non mancarono di offrirmi fazzoletti di carta, biscotti, tazze di caffè o caramelle gommose.
Di quel giorno ricordo principalmente la voglia assurda di bere un bicchiere di vino, accendere una sigaretta e mangiare un panino al salame, privilegi che il mio stato di donna gravida e attenta alla salute della propria bambina mi aveva precluso. Tutto questo rimane vivido in me, così come il ricordo della rabbia e della furia disperata provata quel giorno, seduta sulla sedia della sala d’aspetto del reparto.
Rammento bene lo sguardo affranto dell’infermiera che, verso sera, quando il sole di novembre era ormai tramontato per lasciare posto al crepuscolo autunnale, si era seduta accanto a me, domandomi: «Non hai nessuno che ti venga a prendere?»
Avevo scosso la testa e istintivamente stretto mia figlia addormentata al petto; mi sembrò di stringere un pupazzo. Forse cercavo conforto come quando da piccola abbracciavo il mio peluche preferito. Solo che con lei dovevo fare attenzione a dosare la forza, era così piccola che temevo di spezzarla con la stessa facilità con cui si spezza un grissino.
«Quindi lui… non…ehm, lui non verrà?»
Aveva domandato la donna imbarazzata. Certo, potevo capirla. Mi sarei sentita in difficoltà anche io a domandare a una paziente che aveva appena partorito e che aspettava che il suo compagno venisse a prenderla se era stata abbandonata dal padre di sua figlia. Sì, una situazione imbarazzante e delicata. Soprattutto se quella stessa mattina, la ragazza seduta sulla sedia con gli occhi lucidi, sembrava la persona più felice sulla Terra, gioendo all’idea di tornare a casa con la propria bambina e con lui… No, il lui in questione non era passato a miglior vita in un tragico incidente sulla strada tra casa e l’ospedale, anche se confesso di averglielo augurato, non solo in quel momento, ma per i mesi e gli anni a venire. Forse glielo auguro ancora adesso a quel bastardo di cui, all’epoca, ero perdutamente innamorata. Così innamorata da non accorgermi dei tanti segnali che, messi insieme, avrebbero dovuto darmi il quadro reale della situazione. E la realtà era che amavo una testa di cazzo senza essere ricambiata e che a ripensarci, meriterebbe il premio Oscar per aver interpretato così magnificamente la parte del compagno innamorato e del futuro padre felice.
Ma vaffanculo…"
No, non sto parlando di un rifiuto sputatomi in faccia sull’altare di una chiesa il giorno delle mie nozze, come probabilmente avrete pensato leggendo.
No… il peggior giorno della mia vita l’ho passato in ospedale.
Sì, signore e signori, in ospedale.
Più precisamente nel reparto di maternità e ostetricia dell’Ospedale Sant’Anna di Torino, con una minuscola bimba di tre giorni tra le braccia e un borsone con la mia roba gettato ai miei piedi… Ah, anche in compagnia di infermiere, medici e ostetriche compassionevoli che, avendo intuito la mia situazione e mossi a pietà, non mancarono di offrirmi fazzoletti di carta, biscotti, tazze di caffè o caramelle gommose.
Di quel giorno ricordo principalmente la voglia assurda di bere un bicchiere di vino, accendere una sigaretta e mangiare un panino al salame, privilegi che il mio stato di donna gravida e attenta alla salute della propria bambina mi aveva precluso. Tutto questo rimane vivido in me, così come il ricordo della rabbia e della furia disperata provata quel giorno, seduta sulla sedia della sala d’aspetto del reparto.
Rammento bene lo sguardo affranto dell’infermiera che, verso sera, quando il sole di novembre era ormai tramontato per lasciare posto al crepuscolo autunnale, si era seduta accanto a me, domandomi: «Non hai nessuno che ti venga a prendere?»
Avevo scosso la testa e istintivamente stretto mia figlia addormentata al petto; mi sembrò di stringere un pupazzo. Forse cercavo conforto come quando da piccola abbracciavo il mio peluche preferito. Solo che con lei dovevo fare attenzione a dosare la forza, era così piccola che temevo di spezzarla con la stessa facilità con cui si spezza un grissino.
«Quindi lui… non…ehm, lui non verrà?»
Aveva domandato la donna imbarazzata. Certo, potevo capirla. Mi sarei sentita in difficoltà anche io a domandare a una paziente che aveva appena partorito e che aspettava che il suo compagno venisse a prenderla se era stata abbandonata dal padre di sua figlia. Sì, una situazione imbarazzante e delicata. Soprattutto se quella stessa mattina, la ragazza seduta sulla sedia con gli occhi lucidi, sembrava la persona più felice sulla Terra, gioendo all’idea di tornare a casa con la propria bambina e con lui… No, il lui in questione non era passato a miglior vita in un tragico incidente sulla strada tra casa e l’ospedale, anche se confesso di averglielo augurato, non solo in quel momento, ma per i mesi e gli anni a venire. Forse glielo auguro ancora adesso a quel bastardo di cui, all’epoca, ero perdutamente innamorata. Così innamorata da non accorgermi dei tanti segnali che, messi insieme, avrebbero dovuto darmi il quadro reale della situazione. E la realtà era che amavo una testa di cazzo senza essere ricambiata e che a ripensarci, meriterebbe il premio Oscar per aver interpretato così magnificamente la parte del compagno innamorato e del futuro padre felice.
Ma vaffanculo…"
Giada
Bella la cover di Betty! *__*
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