Harry Potter e… la cucina anglosassone
Quando ero poco più che una bambina, ero attratta dal suono delle parole, dalle copertine dei libri e dai rispettivi titoli. Ho cominciato a leggere per imparare, ho continuato per passione. Uno dei libri che hanno caratterizzato la mia infanzia, la mia adolescenza e che continua a essere parte integrante della mia vita è la saga di Harry Potter.
Sette libri, pubblicati nell’arco di dieci anni, hanno accompagnato una generazione e ne formeranno probabilmente altre.
Ma che cosa ci ha insegnato davvero Harry Potter?
Come si può rendere omaggio a una storia che ci ha lasciato tanto?
In La pietra filosofale abbiamo ben chiaro che il primo valore, su cui poggia il fondamento della saga stessa, è l’amicizia; pura, incondizionata, affidabile. Harry, che è cresciuto tra i Babbani - coloro che non hanno sangue magico - non ha mai avuto degli amici e neppure un proprio posto nel mondo, a dirla tutta. A Hogwarts, trova Ronald Weasley e Hermione Granger, con cui nel tempo istaura un rapporto che durerà per la vita.
È la stessa Hermione a dire che ci sono cose più importanti: amicizia... e coraggio a Harry, poco prima di affrontare un pezzo di Lord Voldemort, l’acerrimo nemico del protagonista.
La lealtà è un altro mattone che la Rowling pone al centro di tutto: nella Camera dei Segreti, sarà Harry a riporre fiducia in Silente, difendendolo poco prima che Tom Riddle, la parte umana di Voldemort, decida di scagliargli contro il Basilisco. Per questo, Harry sarà ricompensato dall’aiuto della spada di Godric Grifondoro, il fondatore della sua Casa, e di Fanny, la fenice di Silente, che accorrerà in suo aiuto quando la sua vita sarà in forte pericolo.
Nel Prigioniero di Azkaban, avremo ben chiaro che i rapporti non sempre saranno limpidi e che un amico potrà anche tradirti, una lezione durissima da affrontare e da digerire. Qui si avrà la prima vera grande rivelazione e i toni cominceranno a farsi più scuri: si introduce la storia del padrino di Harry, Sirius Black, condannato alla prigionia a vita ad Azkaban per un omicidio mai commesso. La sua figura va in netto contrasto con gli altri personaggi della saga presentati finora, che sono fortemente positivi. Sirius era il migliore amico di James, il padre di Harry; è irruente, avventato, pazzo, la pecora nera di una famiglia Purosangue, i Black, molto vicini agli ideali di purezza che andava paventando Voldemort.
La trama si infittirà ancora con Il Calice di Fuoco, che segnerà il ritorno dell’Oscuro Signore. D’ora in poi, i protagonisti vivranno nell’angoscia della sconfitta, nella paura di perdersi e noi lettori non potremo fare altro che lasciarci guidare da loro, accompagnarli nella battaglia per la vittoria.
Ancora oggi, se voglio lasciarmi trasportare dalla magia e dimenticare il mondo, so cosa scegliere dalla libreria; nonostante io l’abbia riletto ormai fino allo sfinimento, è sempre come la prima volta. Piango, rido, mi emoziono in determinati passaggi; è come ritrovare vecchi amici, storie che si legano inevitabilmente a noi e che ricorderemo con affetto anche da adulti.
Uno degli aggettivi che si muovono spesso contro questa saga è bambinesco. Non sarei completamente soggettiva se non riconoscessi l’aspetto più infantile, dopotutto i protagonisti hanno appena compiuto undici anni quando iniziano il loro percorso. Ma lo considero come un pregiudizio; noi cresciamo insieme a loro, li vediamo diventare adolescenti, con le loro paturnie, e poi definitivamente adulti in grado di affrontare il male, di accettarne le conseguenze, di vestire i panni degli eroi nonostante, comunque, la giovane età. Harry stesso, verso la fine, si sacrificherà per i suoi amici, i conoscenti e più in generale per il futuro stesso del Mondo Magico, per dare un’occasione a tutti loro di sopravvivere a Voldemort.
Le analogie con la Seconda Guerra Mondiale sono molteplici; la questione della razza pura, perseguitare le persone, come Hermione, che sono nate Babbane, senza genitori che provengano dal Mondo della Magia, o anche i Mezzosangue, i Maghinò; la paura che si respira, il terrore che si percepisce, che svuota di ogni altro senso i sentimenti vissuti fino ai Doni della Morte, ci fanno capire che la Rowling ha voluto consegnare qualcosa di più grande ai bambini della semplice favola, del principe azzurro, dell’amore eterno; ha voluto formare una generazione alla tolleranza, all’amore senza riserve, alla razza umana.
Questa rubrica si chiama Vi servo un libro e finora vi ho parlato solo dell’aspetto letterario; la Rowling è inglese, precisamente di Yate, una cittadina del Gloucestershire. Andrò quindi a toccare la cucina anglosassone, che vanta piatti eccellenti e molto gustosi. Una delle ricette che cita spesso proprio la Rowling in Harry Potter è il classico Pudding; Harry e gli altri lo ritrovano spesso nella tavolata del Natale e la stessa signora Weasley, la madre di Ronald, lo prepara nell’Ordine della Fenice.
Qui riporto una ricetta tradizionale, che potrete trovare tutti nel libro Natale con Gordon:
Pudding cotto al vapore con panna al whisky
CREDITS: STARBOOKS. Link: http://starbooksblog.blogspot.it/2015/11/pudding-cotto-al-vapore-con-panna-al.html |
Ingredienti per 6 persone:
- 210 g di burro ammorbidito, più altro per ungere
- La scorza di 1 arancia grattugiata finemente
- 3 cucchiai di sciroppo d’acero, più un altro po’ per irrorare
- 3 foglie di alloro
- 210 g di zucchero bruno chiaro
- 4 uova grandi, sbattute leggermente
- 100 g di farina autolievitante
- 1 cucchiaino e mezzo di lievito in polvere
- 1 cucchiaio di chiodi di garofano macinati
- Un pizzico di sale
Per la panna al whisky:
- 150 ml di panna da montare
- Un goccio di whisky, più un altro po’ per fiammeggiare
- Un goccio di Irish cream (a piacere)
Preparazione:
- Imburrate uno stampo per budino da 1,2 litri, spargete la scorza d’arancia sul fondo e versatevi sopra lo sciroppo d’acero. Mettete al centro le foglie d’alloro e premete.
- Lavorate a crema il burro e lo zucchero con uno sbattitore elettrico, finché il composto risulta chiaro e spumoso. Con l’apparecchio in funzione a bassa velocità, aggiungete lentamente le uova sbattute, assicurandovi di incorporare bene ogni aggiunta prima di versare altro uovo. Setacciate nel composto la farina, il lievito, i chiodi di garofano macinati e il sale, e incorporate con un cucchiaio di metallo grande.
- Versate il composto nello stampo e adagiatevi sopra un foglio di carta oleata imburrato e piegato, con il lato imburrato verso il basso, coprite con alluminio piegato della stessa dimensione. Fissate legando uno spago sotto il bordo dello stampo.
- Poggiate lo stampo sopra un sottopentola o un pirottino di ceramica rovesciato all’interno di una casseruola capiente. Versate la quantità d’acqua bollente sufficiente a coprire metà dello stampo e portate a bollore. Coprite con un coperchio che aderisca bene e cuocete su un fuoco basso per 1 ora e mezza controllando il livello dell’acqua ogni 30 minuti circa e aggiungendone altra se necessario.
- Nel frattempo, per la panna al whisky, montate la panna in una ciotola insieme a uno spruzzo di whisky e uno di Irish cream. Trasferite in una ciotola di servizio.
- Per controllare la cottura, aprite il cartoccio e inserite uno spiedino al centro, se ne esce pulito il pudding è cotto. Per estrarre il pudding, passate un coltello lungo il bordo, metteteci sopra un piatto di servizio scaldato e capovolto e rovesciate entrambi in modo da sformare il dolce sul piatto. Glassate a piacere con altro sciroppo d’acero.
- Per fiammeggiare il pudding, scaldate un po’ di whisky in un pentolino, fiammeggiate a tavola con un fiammifero, quindi versate sul dolce. Servite con la panna.
Serena