Buona sera, bloggers e lettori! Se internet me lo permetterà, oggi vi presenterò la mia recensione de
“L’Incanto del Tempo”, il romanzo di Niccolò Gennari edito Nulla Die Edizioni.
“L’Incanto del Tempo”, il romanzo di Niccolò Gennari edito Nulla Die Edizioni.
PREMESSA
Se mi seguite sin da quando ho aperto il blog, saprete che amo il fantasy in ogni sua forma. Amo leggere in particolar modo l’urban fantasy e il paranormal romance, ma non disdegno l’epic fantasy e l’high/low fantasy. Il Signore degli Anelli è la mia trilogia preferita epic fantasy, quindi diciamo che mangio e scrivo fantasy da sempre. “L’Incanto del Tempo” è un libro che è partito con ottime premesse, ma che si perso un po’ a circa metà, per poi coinvolgermi di nuovo. Su goodreads, il mio giudizio è 3- stelline. E scorrendo questo post, potrete scoprire cosa penso di questo romanzo.
Se mi seguite sin da quando ho aperto il blog, saprete che amo il fantasy in ogni sua forma. Amo leggere in particolar modo l’urban fantasy e il paranormal romance, ma non disdegno l’epic fantasy e l’high/low fantasy. Il Signore degli Anelli è la mia trilogia preferita epic fantasy, quindi diciamo che mangio e scrivo fantasy da sempre. “L’Incanto del Tempo” è un libro che è partito con ottime premesse, ma che si perso un po’ a circa metà, per poi coinvolgermi di nuovo. Su goodreads, il mio giudizio è 3- stelline. E scorrendo questo post, potrete scoprire cosa penso di questo romanzo.
TRAMA (da Goodreads)
Alla vigilia del ritorno di una oscura tirannia, l’ultima speranza è riposta nei quattro maghi anziani di Monte Corvo. Gli elementali non sono comuni bacchette. Essi discendono dall’Albero della Luce e i loro Incanti comandano direttamente ai quattro elementi. Xinti non è la giovane ragazza che sembra: la sua età nasconde dei segreti, così come il suo passato che nessuno sembra essere in grado di svelarle. Alla ricerca di sé, si ritroverà a combattere oscure creature, obbligata a restare accanto a un folletto, un orco e a tre uomini di cui non si fida.
RECENSIONE
“L’Incanto del Tempo” utilizza gli schemi tipici del romanzo epic fantasy: abbiamo un protagonista che deve svolgere una quest e recuperare un oggetto magico fondamentale per la salvezza del mondo in cui vive e dei loro abitanti. Protagonista del libro è Xinti il 43°, un mago donna che sta percorrendo un tratto boschivo dopo aver passato mesi a scappare e a sopravvivere con ciò che riusciva a procacciarsi. Mentre cammina per strada incontra Joona d’Artòn, un giovane uomo ingenuo e umile, gran bevitore (e anche un ubriacone) che le da’ la bacchetta che gli è stata consegnata da un personaggio che non viene specificato al lettore. Xinti disprezza Joona, ma stringe con lui un patto: lui viaggerà con lei fino alle Karp-Thù e poi le loro strade si divideranno per sempre. Il rapporto tra i due è univalente all’inizio, infatti vediamo Joona, che all’inizio era diffidente, cercare di conoscere il potente mago che viaggia al suo fianco, ma le sue battute ironiche e sarcastiche non aiutano a scalfire la corazza di Xinti, che dal canto suo ha già abbastanza cose a cui pensare. Sarà a Karp-Thù che il consiglio degli anziani deciderà chi saranno i prescelti che dovranno recuperare gli elementali che hanno dato vita al loro mondo. Xinti non si sente pronta per affrontare quella missione, poiché già non riesce a brandire la bacchetta di fuoco del suo Maestro, si chiede come farà a governare un elementale – un elemento magico così potente che potrebbe portare il mago alla follia oppure rendere il mago stesso uno strumento dell’elementale. Al fianco di Xinti, in quest’avventura, ci saranno Joona, Jor Estièn, l’orco e il folletto. Il lungo percorso che saranno costretti a fare per giungere alla Fine del Mondo metterà in evidenza come i rapporti tra loro non solo si siano incrinati, ma anche il fatto che si respiri un’aria di diffidenza da parte di tutti.
Il romanzo, sebbene ben strutturato e che presenta interessanti elementi magici al suo interno (le lucciole, la foresta incantata, la sciabola di ghiaccio), presenta varie lacune. La prima di queste è senza dubbio l’uso del passato remoto quando ci andava il congiuntivo, una cosa che mi ha confusa molto durante la lettura. Ho trovato altri due passaggi nel libro in cui si compie questo errore, ma questo per me è stato il più eclatante di tutto il libro: “Era la prima volta assoluta che veniva lasciato solo, e si chiese se fosse sopravvissuto alla notte.”. Il secondo esempio che vi porto, come esemplificazione di un verbo che, a mio avviso, risente del dialetto locale: “Vieni qui, aiutami a tener su i capelli, devo fermarli in qualche modo altrimenti giuro che li taglio prima che venga l’alba.” Ecco, quel “venga” mi è suonato estremamente cacofonico all’interno della frase. Per me non è un errore grammaticale questo, è solo una frase che secondo me poteva essere resa in modo più efficace. Il terzo e ultimo errore grave che mi ha fatto abbassare di un punto è stata l’evidente confusione tra l’esclamò e il domandò in presenza di punto di domanda a fine frase: “Ma il resto del compito lo hai portato al termine, non è così?” esclamò il sovrano, con la sua voce innaturale. Ecco, questa è chiaramente una domanda e mi sono chiesta perché venga usato il termine “esclamò”. Moltissimi sono i refusi presenti, a volte manca persino il tempo al passato remoto e viene usato il presente, a volte viene confuso il genere maschile con il femminile e il singolare con il plurale. Vi riporto l’esempio del secondo caso “Il gruppo si riunì a prua a osservare la loro meta farsi sempre più vicino”, qui penso che andasse “Il gruppo di riunì a prua a osservare la loro meta farsi sempre più vicina” (la meta è femminile e non maschile); per quanto riguarda il terzo caso questo è l’esempio che vi porto “Le fiamme erano oramai tutte spente, ma le colonne di fumo che si levavano dagli edifici e dalle navi bruciate non acceva a scemare in intensità” (il soggetto della frase principale è “le fiamme”, nella subordinata diventa poi “le colonne di fumo”, quindi il numero è sbagliato, poiché “le fiamme” sono plurali e non singolari). Molto spesso ci sono frase lunghe con altrimenti e ma senza virgola subito dopo, quando l’intento della frase è quello di contrastare l’affermazione espressa dalla subordinata. Alcuni termini vengono usati erroneamente, come “soprastante” che il dizionario Zingarelli compare come termine ormai in disuso “vigilante, sorvegliante”. La locuzione avverbiale “portare la carica” l’ho cercata dovunque e non mi compare da nessuna parte, presente nella frase “L’altra mano doveva usarla per tenere le redini di Lyra, che scalpitava infuriato verso il troll, desideroso di portare la carica, nonostante la sua età.”. Se qualcuno ha già sentito usare questa locuzione, me lo scriva sotto il post.
I personaggi sono veramente benfatti, con background interessanti e una complessità che mi è piaciuta molto. Senza dubbio, ho un debole per il diplomatico Jor Estièn, un uomo dalle mille sfacettature di cui Xinti fatica a fidarsi all’inizio. Tutti i personaggi subiscono un’evoluzione che in alcuni tratti sorprenderà il lettore e i rapporti nel gruppo prescelto per la missione di recuperare la Prima Goccia è eterogeneneo e mi ha ricordato un po’ La Compagnia dell’Anello. Quindi sì, un voto mediamente positivo per un romanzo che secondo me avrebbe avuto bisogno di un altro giro di revisione per essere perfetto, perché ha tutte le carte in regola per essere un romanzo di successo.
Alla vigilia del ritorno di una oscura tirannia, l’ultima speranza è riposta nei quattro maghi anziani di Monte Corvo. Gli elementali non sono comuni bacchette. Essi discendono dall’Albero della Luce e i loro Incanti comandano direttamente ai quattro elementi. Xinti non è la giovane ragazza che sembra: la sua età nasconde dei segreti, così come il suo passato che nessuno sembra essere in grado di svelarle. Alla ricerca di sé, si ritroverà a combattere oscure creature, obbligata a restare accanto a un folletto, un orco e a tre uomini di cui non si fida.
RECENSIONE
“L’Incanto del Tempo” utilizza gli schemi tipici del romanzo epic fantasy: abbiamo un protagonista che deve svolgere una quest e recuperare un oggetto magico fondamentale per la salvezza del mondo in cui vive e dei loro abitanti. Protagonista del libro è Xinti il 43°, un mago donna che sta percorrendo un tratto boschivo dopo aver passato mesi a scappare e a sopravvivere con ciò che riusciva a procacciarsi. Mentre cammina per strada incontra Joona d’Artòn, un giovane uomo ingenuo e umile, gran bevitore (e anche un ubriacone) che le da’ la bacchetta che gli è stata consegnata da un personaggio che non viene specificato al lettore. Xinti disprezza Joona, ma stringe con lui un patto: lui viaggerà con lei fino alle Karp-Thù e poi le loro strade si divideranno per sempre. Il rapporto tra i due è univalente all’inizio, infatti vediamo Joona, che all’inizio era diffidente, cercare di conoscere il potente mago che viaggia al suo fianco, ma le sue battute ironiche e sarcastiche non aiutano a scalfire la corazza di Xinti, che dal canto suo ha già abbastanza cose a cui pensare. Sarà a Karp-Thù che il consiglio degli anziani deciderà chi saranno i prescelti che dovranno recuperare gli elementali che hanno dato vita al loro mondo. Xinti non si sente pronta per affrontare quella missione, poiché già non riesce a brandire la bacchetta di fuoco del suo Maestro, si chiede come farà a governare un elementale – un elemento magico così potente che potrebbe portare il mago alla follia oppure rendere il mago stesso uno strumento dell’elementale. Al fianco di Xinti, in quest’avventura, ci saranno Joona, Jor Estièn, l’orco e il folletto. Il lungo percorso che saranno costretti a fare per giungere alla Fine del Mondo metterà in evidenza come i rapporti tra loro non solo si siano incrinati, ma anche il fatto che si respiri un’aria di diffidenza da parte di tutti.
Il romanzo, sebbene ben strutturato e che presenta interessanti elementi magici al suo interno (le lucciole, la foresta incantata, la sciabola di ghiaccio), presenta varie lacune. La prima di queste è senza dubbio l’uso del passato remoto quando ci andava il congiuntivo, una cosa che mi ha confusa molto durante la lettura. Ho trovato altri due passaggi nel libro in cui si compie questo errore, ma questo per me è stato il più eclatante di tutto il libro: “Era la prima volta assoluta che veniva lasciato solo, e si chiese se fosse sopravvissuto alla notte.”. Il secondo esempio che vi porto, come esemplificazione di un verbo che, a mio avviso, risente del dialetto locale: “Vieni qui, aiutami a tener su i capelli, devo fermarli in qualche modo altrimenti giuro che li taglio prima che venga l’alba.” Ecco, quel “venga” mi è suonato estremamente cacofonico all’interno della frase. Per me non è un errore grammaticale questo, è solo una frase che secondo me poteva essere resa in modo più efficace. Il terzo e ultimo errore grave che mi ha fatto abbassare di un punto è stata l’evidente confusione tra l’esclamò e il domandò in presenza di punto di domanda a fine frase: “Ma il resto del compito lo hai portato al termine, non è così?” esclamò il sovrano, con la sua voce innaturale. Ecco, questa è chiaramente una domanda e mi sono chiesta perché venga usato il termine “esclamò”. Moltissimi sono i refusi presenti, a volte manca persino il tempo al passato remoto e viene usato il presente, a volte viene confuso il genere maschile con il femminile e il singolare con il plurale. Vi riporto l’esempio del secondo caso “Il gruppo si riunì a prua a osservare la loro meta farsi sempre più vicino”, qui penso che andasse “Il gruppo di riunì a prua a osservare la loro meta farsi sempre più vicina” (la meta è femminile e non maschile); per quanto riguarda il terzo caso questo è l’esempio che vi porto “Le fiamme erano oramai tutte spente, ma le colonne di fumo che si levavano dagli edifici e dalle navi bruciate non acceva a scemare in intensità” (il soggetto della frase principale è “le fiamme”, nella subordinata diventa poi “le colonne di fumo”, quindi il numero è sbagliato, poiché “le fiamme” sono plurali e non singolari). Molto spesso ci sono frase lunghe con altrimenti e ma senza virgola subito dopo, quando l’intento della frase è quello di contrastare l’affermazione espressa dalla subordinata. Alcuni termini vengono usati erroneamente, come “soprastante” che il dizionario Zingarelli compare come termine ormai in disuso “vigilante, sorvegliante”. La locuzione avverbiale “portare la carica” l’ho cercata dovunque e non mi compare da nessuna parte, presente nella frase “L’altra mano doveva usarla per tenere le redini di Lyra, che scalpitava infuriato verso il troll, desideroso di portare la carica, nonostante la sua età.”. Se qualcuno ha già sentito usare questa locuzione, me lo scriva sotto il post.
I personaggi sono veramente benfatti, con background interessanti e una complessità che mi è piaciuta molto. Senza dubbio, ho un debole per il diplomatico Jor Estièn, un uomo dalle mille sfacettature di cui Xinti fatica a fidarsi all’inizio. Tutti i personaggi subiscono un’evoluzione che in alcuni tratti sorprenderà il lettore e i rapporti nel gruppo prescelto per la missione di recuperare la Prima Goccia è eterogeneneo e mi ha ricordato un po’ La Compagnia dell’Anello. Quindi sì, un voto mediamente positivo per un romanzo che secondo me avrebbe avuto bisogno di un altro giro di revisione per essere perfetto, perché ha tutte le carte in regola per essere un romanzo di successo.
Vi saluto con una citazione tratta da questo libro, che vi consiglio se vi piace l'epic fantasy:
"(...) La parola, ragazzo mio. La parola può trafiggere cuori e sconfiggere eserciti meglio di mille spade!"
(Jor Estièn a Joona D'Artòn)
xoxo,
Giada