PREMESSA
L'ultima volta che ho letto qualcosa di Isabel Allende è stato in quinta superiore, quando ho portato per la tesina "La casa degli spiriti" di quest'autrice che da sempre ammiro e che mi affascina in modo incredibile. Un'autrice che ha vissuto sulla propria pelle la dittatura di pinochet, la democrazia liberalista, la paura del comunismo e il desiderio di vivere in un luogo di pace dove poter scrivere i propri racconti.
TRAMA
Sullo sfondo di un paese oppresso dalla dittatura, un'indimenticabile figura di donna nata dalla grande tradizione del romanzo picaresco spagnolo, in un libro che è insieme storia d'amore, quadro d'ambiente e romanzo d'avventura. Un'ulteriore conferma delle doti di narratrice di Isabel Allende.
RECENSIONE
Questo è uno di quei romanzi che ti entrano sotto pelle, che senti tuoi anche se non hai vissuto in quei luoghi, che ti senti vicina alle vissitudini di quei personaggi e, in qualche modo, ti identifichi nella protagonista. Eva Luna è un romanzo, ma è molto più di questo, è una storia nella storia che a sua volta si ritrova entro la grande cornice della Storia con la S maiuscola, la storia di un paese dilaniato prima dalle dittature, dai colpi di stato ed infine dalla guerra e dalla guerriglia. Ci sarebbe moltissimo da dire, ma penso che mi soffermerò sui punti chiave, perché questo magnifico romanzo parla già di per sé con un'abilità incredibile, con una scorrevolezza e una costruzione psicologica che ti penetrano dentro e ti entrano nel cuore. Eva Luna è la figlia di Consuelo, una ragazza che proviene dalle foreste cilene e che viveva come "selvaggia" prima che venisse portata in un convento di suore, le Hermanitas de la Caridad, e lì viene allevata. Ma il desiderio di libertà di Consuelo è molto grande e non appena può, scappa da quel monastero, per lavorare come serva in città da un padrone, lo scienziato Jones, lì conosce un indiano al quale si concede e dalla loro relazione nascerà Eva, che prenderà il cognome di Luna perché suo padre discendeva da una tribù di indiani della Luna.
Eva è da sempre molto legata alla madre, la vediamo crescere tra le cucine del dottor Jones, affascinata e spaventata da ciò che l'uomo fa, ma sempre vicina a lei. Credo che il loro legame sia una delle cose più commuoventi e belle che abbia mai letto in un libro, l'amore e la devozione della madre verso la figlia e della figlia verso la madre, un amore incondizionato reciproco non si dissolverà mai, nemmeno quando lei crescerà e diventerà donna, sperimentando l'amore, le delusioni e prenderà coscienza di se stessa nel mondo in cui vive e come individuo di questa società. Il loro legame va oltre la morte fisica e questo fa entrare il lettore in un mondo popolato da spiriti, ma anche da tanta fantasia. Consuelo era una bambina e una donna molto fantasiosa e spesso raccontava alla figlia delle storie, e ciò ha permesso alla bambina di avvicinarsi a quel mondo magico, fatato in cui poteva entrare solo allontanandosi dal mondo reale e creare il proprio mondo abbellendolo come meglio preferiva.
Imparò a rimanere quieta e conservò la sua riserva di favole come un tesoro nascosto finché io non le diedi la possibilità di sciogliere quel torrente di parole che portava con sé.
Questa citazione spero vi faccia capire quanto forte e solido sia il legame che c'era tra loro, un legame così forte da essere trascendentale e andare oltre la carne per farsi spirito - infatti vedremo la madre comparire ad Eva sotto forma di spirito nei momenti a lei più difficili da superare, durante le dure avversità che la vita mette davanti al nostro cammino.
- La morte non esiste, figlia. La gente muore solo quando è dimenticata. - mi spiegò prima di andarsene. - Se saprai ricordarmi, sarò sempre con te.
- Mi ricorderò di te. - le promisi.
E' stato bello veder nascere in Eva quel senso di ribellione che porta alla libertà assoluta, il ribellarsi per una giusta causa, ovvero per la nostra dignità come esseri umani e come lavoratori, perché se non ci ribelliamo non otterremo mai il rispetto che meritiamo, e po' perché senza un po' di guerra e di ribellione, le persone deboli rimarranno sempre sottomesse a quelle più forti, in un circolo vizioso che non finirà mai. Vi riporto ciò che Elvira, la cuoca della Signora che si veste sempre a lutto, la prima padrona di Eva, le dice:
- Così va bene, uccellino. - m'incoraggiava Elvira. - Bisogna farla un po' di guerra. I cani rabbiosi si lasciano in pace, quelli docili invece li prendono a calci. Bisogna sempre battersi.
Ma la storia di Eva non è limitata solo ad Eva e ai personaggi che la circondano, è un racconto corale in cui s'intrecciano le vicende del giovane Huberto Naranjo e del sensibile Rolf Carlé, cresciuto in un ambiente pregno di violenza e sofferenza morale e fisica, secondo figlio di un maestro delle elementari che nascondeva un lato oscuro che i figli sapevano riconoscere e di cui specialmente la moglie ne aveva paura. Trovo che il personaggio di Rolf Carlé sia uno dei personaggi a cui mi sono più legata durante la lettura di questo libro, perché nonostante il dolore, la depressione, l'infelicità in cui era costretto a vivere e con la quale ha avuto a che fare più avanti con il suo lavoro di cineasta, alla fine è diventato un uomo bello sia dentro che fuori, con una grande determinazione e una forza dentro di sé incredibile, fortissima.
Procedeva nella vita a sentimenti nudi, incespicando nel suo orgoglio e cadendo per poi rimettersi in piedi.
Tra tutti i temi trattati dal libro, oltre alla scoperta dirompente della propria sensualità e della presa di coscienza del proprio corpo come donna, il tema che mi ha colpito di più è stata la scoperta della lettura e la nascita della passione della scrittura. Eva aveva vissuto come una serva analfabeta fino a sedici anni, quando dopo aver rovesciato l'urina prodotta dal ministro che serviva su di lui, e ha incontrato Raid Halabì, la sua vita è cambiata drasticamente ed è decisamente migliorata. Fondamentale è stato per lei alfabetizzarsi, sebbene ciò sia avvenuto in paesino sperduto del Cile. La sua scoperta di questi due elementi, quali la scrittura e la lettura, avranno un impatto notevole su di lei e la renderanno la scrittrice produttrice di teleromanzi molto seguita in tutta la nazione. Vi riporto il brano che mi ha letteralmente conquistata, con il quale mi sono identificata e che ho seguitato a leggere per due giorni di fila:
Io divoravo i libri che mi capitavano fra le mani. (...) Sempre occupata, non stavo tanto a pensare a me stessa, ma nelle mie storie comparivano brame e inquietudini che non sapevo di avere nel cuore. (...) Passavo parte della notte a scrivere e mi piaceva così tanto, che le ore volavano senza che me ne accorgessi. Ma quelli erano i momenti migliori. Sospettavo che nulla esistesse davvero, che la realtà fosse una materia imprecisa e gelatinosa che i miei sensi capivano a metà. Non c'erano prove che tutti la pensassero alla stessa maniera. (...) Mi piaceva l'idea che potevo prendere quella gelatina e modellarla per creare quanto più desideravo, non per farne una copia della realtà, come i moschettieri e le sfingi della padrona iugoslava, ma un mondo mio, popolato da personaggi vivi, a cui avrei imposto io le norme riservandomi di mutarle a mio piacimento. Da me dipendeva l'esistenza di tutto quello che nasceva, moriva o accadeva nelle sabbie immobili dove germogliavano i miei racconti. Potevo metterci quello che volevo, bastava pronunciare la parola giusta per dargli vita. Certe volte sentivo che quell'universo costruito col potere dell'immaginazione aveva confini più saldi e durevoli della regione confusa dove si muovevano gli individui in carne e ossa che mi circondavano.
Raid vorrebbe vederla una letterata, una donna che si mantiene con la scrittura, ma Eva è crudelmente realista e capisce che non può vivere scrivendo e basta. Questo problema del non potersi mantenere in modo stabile con il proprio prodotto intellettuale era un problema già sentito all'epoca della pubblicazione del libro, e stiamo parlando del 1983 o giù di lì. Penso che la situazione non sia cambiata molto da allora, per quanto riguarda il mondo degli intellettuali, purtroppo sappiamo tutti che non si può vivere di sola letteratura e scrivendo solo libri e in questo la Allende, nella sua crudezza è stata molto chiara.
Sognava di vedermi dedita alla letteratura, ma io avevo bisogno di guadagnarmi da vivere e a tal fine la scrittura è un terreno piuttosto scivoloso.
Un altro tema molto interessante e toccato con un realismo e una delicatezza incredibile è stato Melecio, un giovane ragazzo che sentiva di essere nato nel corpo sbagliato e che voleva essere donna. Forse è la prima volta che leggo un tema del genere in un libro sudamericano e penso che la Allende in questo sia stata una pioniera, perché ha permesso ad una popolazione tremendamente attaccata alle tradizioni e agli stereotipi uomo-donna, che chiama con uno dispregiativo Melecio "frocio" o "checca" (e stavo malissimo quando veniva chiamato così). Il modo in cui veniva chiamato questo ragazzo che sentiva di essere donna dentro mi ha colpito moltissimo, perché la Allende è stata coraggiosa a portare alla luce una tematica che veniva nascosta e che i medici di allora volevano curare (a dire il vero nel libro viene specificato che dopo le percosse, le violenze e le cattiverie Melecio è stato portato davanti ad uno psichiatra). Ho adorato questo personaggio. La sua sensibilità, la sua gentilezza, la sua disponibilità lo hanno caratterizzato fin dalla sua entrata in scena e ho amato il fatto che Eva lo amasse come amico indipendentemente dal fatto che fosse uomo, donna o transgender. Melecio diventerà poi la bellissima Mimì, una donna stupenda che diventerà famosa grazie ai teleromanzi. Sarà proprio Mimì a spronare Eva a proseguire con la scrittura.
Mimì sosteneva che ognuno nasce con un dono, tutto sta nello scoprirlo e nell'avere la fortuna di vederlo apprezzato. (...)
Un romanzo di formazione, di crescita interiore ed esteriore, un viaggio nell'anima e nel corpo di dei personaggi che rimarranno nel vostro cuore per sempre. Un romanzo di cui non si parla solo di violenze, di amore e di passioni carnali, ma anche di un Paese in lotta con se stesso che cerca la sua strada. Un Paese lacerato da dittature, guerre, guerriglie che cerca la pace. Un ragazzo che cerca la sua strada e l'amore della sua vita. Una ragazza che vuole essere qualcosa di più di una serve. Un ragazzo di strada che cerca un modo pacifico per canalizzare la sua rabbia nei confronti della società in cui vive. "Eva Luna" è tutto questo e molto altro ancora. Vi saluto con l'ultima citazione che mi è rimasta impressa a fuoco nel cuore:
"Era come se quella pagina mi aspettasse da venti e più anni, come se avessi vissuto solo per quell'istante, e volli che a partire da quel momento il mio unico lavoro fosse quello di acchiappare storie sospese nel vento più soave, per renderle mie. Scrissi il mio nome e subito le parole accorsero senza sforzo, una, un'altra e un'altra ancora."
xoxo,
Giada
Nessun commento:
Posta un commento