PREMESSA
Ieri non sapevo cosa leggere, così ho iniziato a sfogliare la lista di libri da recensire presente nel mio Kindle Paperwhite e ho scelto questo romanzo. Devo dire che le premesse con cui parte questo libro erano davvero buone, lo erano veramente, ma non sono state attuate nel migliore dei modi, ragione per cui ho dato due stelline.
TRAMA (da Goodreads)
“Devo portarla via di qui” è l’unico pensiero che Davide ha in mente mentre corre via dal ghetto insieme a sua sorella Flaminia, di cinque anni.
È la mattina del 16 ottobre 1943 e i due ragazzini sono rimasti soli in una Roma che non riconoscono più. I tedeschi hanno preso in mano le redini della città, e loro non sanno dove rifugiarsi per sfuggirgli.
Davide porta avanti il gioco iniziato dai loro genitori per impedire alla bambina di capire cosa sta succedendo. E così farà anche Enrico, un ragazzino dei quartieri ricchi che li nasconde in casa sua rischiando molto. Nonostante una prima iniziale diffidenza nascerà una bellissima amicizia che li salverà da un destino orribile. Continueranno a giocare tutti insieme, trascinati dai sogni magnifici di Flaminia, fino a quando non finirà la guerra, fino a quando non sfiorirà del tutto l’infanzia.
RECENSIONE
Non sono un'amante dei romanzi ambientati durante la seconda guerra mondiale, per il semplice motivo che pochi sono davvero ben scritti e poi perché mi hanno sempre traumatizzato. Mi dispiace moltissimo dire che questo libro non ha soddisfatto le mie aspettative, ma purtroppo è così e mi sono sforzata davvero molto di farmelo piacere. Senza risultati. Ma cominciamo dal principio: il fulcro attorno al quale si snodano le vicende sono David e Flaminia "Flami", un ragazzo di dodici anni e una bambina di cinque anni che scappano dal Ghetto Ebraico di Roma per salvarsi dai tedeschi nazisti e dai fascisti. David ama da morire sua sorella, sarebbe disposto a fare qualsiasi cosa per proteggerla, ecco perché con lei scappa, si allontana più che può da sua mamma e suo papà, e si nasconde nella cantina della casa di una ricca famiglia borghese. Enrico, il figlio di questa famiglia facoltosa, si offre di aiutarli e, oltre a fornire loro un tetto sopra la testa, da' loro anche cibo, acqua calda per lavarsi e affetto in un mondo che sembra odiare gli ebrei più di ogni altra cosa al mondo. Davide è molto sospettoso, non si fida di nessuno, e il suo comportamento iniziale nei confronti in parte giustifica il clima di indifferenza e paura che aleggiava nei quartieri ebraici dell'epoca. Davide ed Enrico non potrebbero essere più diversi di quanto non siano, e la loro differenza non sta solo nella ricchezza e nella miseria, ma anche nell'approccio alla vita, alla scuola e alla famiglia totalmente diverso per due ragazzini di dodici anni che vivono uno nella borghesia romana della seconda guerra mondiale e l'altro nella povertà. Al loro fianco c'è Flaminia, una bambina cicciotta che viene costantemente protetta dal suo fratello maggiore Davide e che, senza alcuna ragione logica, trasporta Davide ed Enrico nei suoi sogni per far vivere loro la pace e la serenità che manca loro nella vita reale. Ecco, questo elemento dei sogni comuni mi è sembrato a dir poco assurdo, surreale; mi è sembrato un espediente narrativo per cercare di rendere la storia di Flaminia magica. E secondo me questi sogni condivisi non hanno molto senso in un contesto narrativo del genere, in un fantasy potrei capirlo, ma non in un romanzo di narrativa.
E adesso devo arrivare alla nota dolente: la spiegazione della ragione per cui ho dato due stelline. Mi aspetto un buon editing e una revisione a dir poco ottima in un romanzo pubblicato da una casa editrice, e di sicuro non mi aspetto di ritrovare gli errori grammaticali che ho trovato io qui, associati ad uno spezzettamento continuo di frasi che ha reso difficoltosa la lettura e soprattutto la cosa che mi ha fatto arrabbiare di più, che mi ha fatto desiderare di buttare il mio amato Kindle contro il muro è stata l'ostinazione dell'autrice nell'iniziare i discorsi diretti senza alcuna lettera maiuscola. Sono basita. Delusa. Arrabbiata. Le basi della grammatica italiana dicono che la lettera con cui si inizia una frase DEVE essere maiuscola, qui invece all'interno di QUASI ogni discorso diretto, all'interno dei caporali, ho trovato frasi che iniziavano con la lettera minuscola. Per voi può sembrare una stupidaggine, ma per me non lo è, specialmente in un libro pubblicato da una casa editrice. Senza contare che il libro aveva senz'altro bisogno di un editing approfondito e di una revisione totale, perché oltre a questi errori ho trovato anche tantissimi refusi.
Vi saluto con una citazione tratta da questo libro che vi invito a leggere, davvero, spiegatemi cos'ha che vi piace e ne discuteremo in modo civile e amichevole. Io quando leggo non guardo solo il contenuto del romanzo, guardo anche la forma, e la forma comprende lo stile, la grammatica e la sintassi corretta.
"Si davano sempre per scontate le cose nel nostro mondo. L'aria, il cielo, le nuvole, la libertà... Erano tutte cose a cui non si pensava. Però quando te le toglievano, allora s' che capivi quanto fossero indispensabili."
(Davide)
xoxo,
Giada
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