domenica, ottobre 13, 2024

RECENSIONE DE LO HOBBIT (MIDDLE EARTH #0) DI J.R.R. TOLKIEN

Buon pomeriggio, Fantastics! Non mi sembra ancora vero che dopo ben più di 10 anni, finalmente vi sto postando la recensione di una delle mie saghe del cuore! Ho un belissimo ricordo di tutta la trilogia di LOTR, letta durante l'università e proprio durante il corso di filologia germanica - in un certo senso, è stata filologia germanica a farmi venir voglia di scoprire quest'autore, capostipite del fantasy internazionale, all'epoca. Quindi devo tutto a Paola Mura, la mia prof all'epoca, per avermi trasmesso l'amore per la sua materia e per la cultura celtica, in generale <3 

PREMESSA
Non avete idea da quanti anni rimandavo questa occasione. Non era mai il momento giusto. Finché, complice l'ansia per l'operazione - l'ennesima che dovrò fare - alla fine, finalmente, è giunto il suo momento. Come vi dicevo, amo molto filologia germanica. E' uno degli esami che ricordo con più affetto, dell'università. Difficile, certo. Ma molto interessante. E ricordo proprio che fu grazie alla mia prof Mura, di cui conservo ancora le dispense del suo corso, che iniziai a leggere Tolkien. Inutile dire che il resto è storia. E siamo giunti qui, dopo dieci anni, a postare finalmente la recensione nel blog. Non so nemmeno se rileggerò CS Lewis - lui e Tolkien erano molto amici, ma avevano una visione del mondo completamente diversa - e rileggendo le prime recensioni, mi sono resa conto di quanto sono cambiata durante gli anni. Quindi, di alcuni romanzi farò una nuova recensione perché io sono cambiata. La mia visione del mondo è cambiata, irrimediabilmente. E non trovo giusto non aggiorarvi. In fondo, non sono la stessa persona di dieci anni fa. Quindi, alla fine, ho recuperato Lo Hobbit. E che viaggio è stato! Un viaggio emozionante, doloroso e anche intenso! Ma merita. Merita assolutamente un sacco! E' una lettura più easy rispetto a LOTR, quindi secondo me, se state sperimentando l'high fantasy ci sta. 

TRAMA (DA LAFELTRINELLI.IT)
Per i lettori di tutto il mondo, Lo Hobbit è il primo capitolo del Signore degli Anelli, uno dei massimi cicli narrativi del XX secolo. Questa edizione vede la nuova traduzione della Società Tolkieniana Italiana, e le splendide illustrazioni di Alan Lee.

Gli hobbit sono (o erano) gente piccola, alta all'incirca la metà di noi, e più bassa dei barbuti nani. Gli hobbit non hanno barba. In loro c'è poco o niente di magico, a parte quella magia di tipo comune e quotidiano che li aiuta a sparire silenziosi e rapidi quando persone ingombranti e stupide come me e voi gli capitano intorno, con un rumore da elefante che essi sono in grado di sentire a un miglio di distanza.

Pubblicato per la prima volta nel 1937, «Lo Hobbit» è per i lettori di tutto il mondo il primo capitolo del «Signore degli Anelli», uno dei massimi cicli narrativi del XX secolo. Protagonisti della vicenda sono, per l'appunto, gli hobbit, piccoli esseri «dolci come il miele e resistenti come le radici di alberi secolari», che vivono con semplicità e saggezza in un idillico scenario di campagna: la Contea. La placida esistenza degli hobbit viene turbata quando il mago Gandalf e tredici nani si presentano alla porta dell'ignaro Bilbo Baggins e lo trascinano in una pericolosa avventura. Lo scopo è la riconquista di un leggendario tesoro, custodito da Smaug, un grande e temibile drago. Bilbo, riluttante, si imbarca nell'impresa, inconsapevole che lungo il cammino s'imbatterà in una strana creatura di nome Gollum.

RECENSIONE
Lo Hobbit è stata un'avventura su tutta la linea, una lettura easy e molto intensa, come solo la penna del Maestro del Fantasy può essere. Mi era mancato, il modo di scrivere di Tolkien. La sua scrittura vivida, cinematografica, in fondo capisco perché Peter Jackson si sia ispirato a lui e lo abbia usato come source material per i suoi più grandi successi al box office :)

Ma partiamo dal principio: Lo Hobbit parla di Bilbo Baggins, un hobbit che vive nella Contea di Hobbinton. E' un pantofolaio abitudinario, sebbene da una parte della sua famiglia - la parte Tuc - sia composta da avventurieri. Un giorno si presenta alla sua porta lo stregone buono Gandalf, che lo invita a partecipare a una missione nanesca, ma lui rifiuta. Fino a quando non si ritrova dodici nani nel suo buco-hobbit, ed è quasi costretto ad accettare l'offerta di Gandalf, in quanto gli viene promessa una parte dell'oro che il drago Smaug ha rubato ai nani, in particolar modo ai discendenti di Durin, ovvero i discendenti del nano Thorin. I nani non sono tutti uguali, anzi. Ognuno di loro ha il suo carattere e le sue fisse particolari, in particolare Bombur viene usato come comic relief in quanto grasso - te lo perdono Tolkien, solo perché mi hai fatto ridere un sacco! Il loro viaggio per giungere alla Desolazione di Smaug non è molto semplice, anzi! Si rivela costellato dalle più piccole e grandi difficoltà, ma devo dire che l'anticipazione di Elrond e di Gran Burrone è stata sicuramente una delle cose che mi ha fatto avere gli occhi a cuoricino per gran parte della lettura - e sì, sono reduce dalla seconda stagione de Gli Anelli del Potere, quindi capitemi. Percepitemi così, d'accordo? - e anche l'entrata in scena degli Elfi Silvani - elfi che dapprima sono malvagi, ma poi diventano buoni - gotta love some character development here, no? 

Una cosa che mi ha ricordato una delle leggende celtiche che ho studiato all'università, è stato senza dubbio quella di Bondr - il mutaforma che si trasforma in orso e che guida e aiuta gli orsi nelle vicinanze di Boscotetro. Non ricordo di preciso quale leggenda sia, ma so che è una leggenda. Non appena la troverò, sicuramente la posterò qui, perché so di averla già studiata sei/sette anni fa. Ad ogni modo, ho amato il modo in cui ogni elemento fantasy si mischiasse egregiamente all'elemento di cultura celtica, senza soffocare né l'uno né l'altro. Ma la cosa che mi ha fatto saltare sul letto è stato sicuramente l'entrata in scena de l'Anello. Sì, quell'Anello! E questa cosa mi ha gasata un sacco, ma mi ha fatto anche venir voglia di recuperare lo Sirmallion per leggere la storia de Gli Anelli del Potere, però i 9 libri che ho in prestito mi stanno guardando malissimo... quindi devo darmi una calmata, e andare per gradi. Altrimenti mi ritroverò con 20 libri in prestito, e solo uno restituito.

Ad ogni modo, sono grata a Giuly per avermi coinvolta. E sono felice di essere tornata a Middle Earth insieme agli elfi, agli hobbit, ai nani e a tutte le compagnie.

Vi lascio con un piccolo brano, invitandovi a recuperare Lo Hobbit non appena potete:
"Dov'eri andato, se non sono indiscreto?" disse Thorin a Gandalf mentre cavalcavano. 
"A guardare pià avanti," egli disse.
"E cosa ti ha portato indietro all'ultimo minuto?"
"L'aver guardato indietro," egli disse.
"Chiarissimo!" disse Thorin. "Ma non potresti essere più esplicito?"
"Andai avanti a perlustrare la nostra strada. Presto diventerà pericolosa e difficile. Inoltre ero andato a rifornire la nostra piccola scorta di provviste. Comunque non ero andato molto lontano, quando incontrai un paio di amici di Gran Burrone."
(Gandalf e Thorin)

xoxo,
Giada

martedì, ottobre 08, 2024

RECENSIONE DI PERCY JACKSON E GLI EROI DELL'OLIMPO - L'EROE PERDUTO (THE HEROES OF OLYMPUS #1) DI RICK RIORDAN

Buona sera, Fantastics! Oggi è una giornata un po' meh, nel senso che non sto molto bene e che preferirei andar avanti a guardarmi Kaos - sempre in tema mitologia greca - ma prima voglio a tutti i costi scrivere questa recensione. Almeno, di due libri che sto leggendo ne avrò già recensito almeno uno. E magari Lost aspetterà, stasera, perché voglio finire quella serie per sceglierne un'altra da guardare a spizzichi e bocconi al pomeriggio.

PREMESSA
La saga di Percy Jackson, la prima, mi è entrata nel cuore. Percy è prima un bambino, e poi un ragazzo, spiritoso. Divertente. E dalla lingua lunga. Tuttavia, ha un grande cuore e darebbe la vita per i suoi amici. Una cosa che ha in comune con Jason Grace, che si ritrova con la memoria settata nella mitologia romana. Ecco, avevo dimenticato certe differenze tra la mitologia greca e romana, voglio dire, almeno che uno non lavori con questi due temi o ci stia scrivendo un romanzo, la vedo dura... comunque un po' mi dispiace averlo finito... l'ho tirata lunga una settimana perché non volevo finirlo, ma adesso che l'ho finito mi dispiace un sacco. Non avrei voluto che finisse.

TRAMA (DA RAGAZZIMONDADORI.IT)
Jason si risveglia in uno scuolabus accanto al suo migliore amico Leo e alla sua ragazza Piper. Sarebbe tutto normale, se non fosse per un dettaglio: è la prima volta che li vede, e non ricorda nulla di sé.

Il mistero si infittisce quando una torma di spiriti della tempesta li attacca, e una tale Annabeth Chase plana a bordo di un carro volante in cerca di un certo Percy Jackson, scomparso dal Campo Mezzosangue.
È qui che Jason, Piper e Leo scopriranno di essere semidei e di dover affrontare un'impresa che decreterà il futuro dell'umanità: Era è stata imprigionata, e se non verrà liberata entro il solstizio d'inverno, i giganti risorgeranno per servire il sogno di distruzione di Gea, la perfida dea della terra.

RECENSIONE
Zio Rick è abile nel creare personaggi ai quali è facile affezionarsi, e anche in questo caso ha fatto centro. Jason, Piper e Leo sono personaggi a tutto tondi, dei ragazzi di quindici anni con cui è facile entrare in empatia e per cui è facile tifare. Sono curiosa di scoprire quale sarà la loro hybris - il loro difetto fatale - perchè ogni eroe greco ne ha uno. 

Jason si risveglia in un pulmino insieme a Piper McLean, la sua ragazza, e Leo Valdez diretti allo Skywalk di (scusate, non ricordo il paese). Tutti e tre si trovano in un campo scuola per ragazzi problematici, la Scuola della Natura, che ha lo scopo di insegnare loro come stare nel mondo. Tuttavia, mentre sono in quel paese, vengono attaccati dai ventus, spiriti del vento maligni che vogliono fare del male a Jason e ai suoi amici. E' lì che non solo Jason scoprirà i suoi poteri, ma anche Leo e Piper. Jason è, infatti, figlio di Giove. E, se mentre il resto del gruppo associa ad ogni identità una divinità greca, lui le associa a quelle romane. Ma perché Jason ricorda solo divinità romane non greche? Cosa ci fa al Campo Mezzosangue, dato che palesemente non ha nulla a che fare con loro?

Nel frattempo, Annabeth è alla ricerca disperata di Percy Jackson. Percy, infatti, è scomparso di punto in bianco e nessuno ha idea di dove si trovi. L'arrivo inaspettato del Trio - Jason, Piper e Leo - tutti e tre facenti parte della Grande Profezia e quindi parte dei Sette che guideranno le due fazioni in lotta contro un nemico più grande di loro, perfino più grande dei Titani: ovvero Gea. Gea, la Madre Terra, capace di essere tanto buona quanto crudele. E molto più crudele dei Titani. Questa prima battaglia non è altro che il riscaldamento... riusciranno i nostri semidei a salvare l'Olimpo?

Niente citazioni, oggi. Ma perlomeno ora che sono alla fine delle recensione mi sento un po' meglio.
Vediamo se bere un succo sarà una buona decisione o una pessima decisione.

xoxo,
Giada

martedì, ottobre 01, 2024

RECENSIONE DI CASA DI FOGLIE DI MARK Z. DANIELEWSKI

Buon pomeriggio, Fantastics! Non riesco a crederci nemmeno io, ho davvero finito questo romanzo! Date le premesse, credevo davvero che non ci sarei riuscita. L'Introduzione è stata una delle cose più lunghe, complesse e difficili che abbia mai letto negli ultimi anni. Tuttavia, sono felice di non averlo mollato dopo le prima 6 pagine - anche se, lo confesso, a primo acchito era quella la mia intenzione.

PREMESSA
Qualche mese fa, nel gruppo di Tortellini Chiacchierini, mi è stato consigliato questo romanzo. Sapevo soltanto a grandi linee di cosa trattava, e la prima volta che l'avevo prenotato nella Rete poi mi sono rimessa a scrivere, quindi alla fine l'ho rimandato indietro. Ebbene, sono felice di esser riuscita a leggerlo! Perfetto per la spooky season appena cominciata! E' un libro di metanarrativa molto molto impegnativo, che può essere letto con due chiavi di lettura: una horror e una come una storia d'amore... and guess what? Io l'ho letto come un horror, non poteva essere altrimenti.

TRAMA (DA LAFELTRINELLI.IT)
Impossibile inquadrare in una formula l’inquietante debutto di Mark Z. Danielewski, o anche solo provare a ricostruirne la trama, punteggiata di citazioni, digressioni erudite, immagini e appendici.

«Un'opera carnevalesca che va al di là di ogni canone, ha uno stile deflagrante che confonde i sensi e ha la capacità di destabilizzare il lettore mescolando vero e falso, reale e onirico.» – La Lettura

«Uno degli esemplari più interessanti e riusciti di letteratura ergodica, ovvero di quella letteratura che richiede al lettore uno sforzo maggiore e che consente allo scrittore di intervenire graficamente sul testo in funzione di personaggi e trama (note fitte, parole in colori diversi, font differenti e via dicendo).» – Tiziana Lo Porto, Il Venerdì

«Una delle narrazioni più ardite degli ultimi anni» – Robinson

«Questo romanzo diabolicamente brillante è impossibile da ignorare, metter giù o anche decidersi a finirlo. Se ne comprate una copia potreste persino trovarmi fra le sue pagine, ridotto in miniatura come Vincent Prize ne La Mosca, intrappolato per sempre nella rete delle sue maligne, bellissime pagine.» – Jonatham Lethem


Quando la prima edizione di Casa di foglie iniziò a circolare negli Stati Uniti, affiorando a poco a poco su Internet, nessuno avrebbe potuto immaginare il seguito di appassionati che avrebbe raccolto. All’inizio tra i più giovani – musicisti, tatuatori, programmatori, ecologisti, drogati di adrenalina –, poi presso un pubblico sempre più ampio. Finché Stephen King, in una conversazione pubblicata sul «New York Times Magazine», non indicò Casa di foglie come il Moby Dick del genere horror. Un horror letterario che si tramuta in un attacco al concetto stesso di «narrazione». Qualcun altro l’ha definita una storia d’amore scritta da un semiologo, un mosaico narrativo in bilico tra la suspense e un onirico viaggio nel subconscio. O ancora: una bizzarra invenzione à la Pynchon, pervasa dall’ossessione linguistica di Nabokov e mutevole come un borgesiano labirinto dell’irrealtà. Impossibile inquadrare in una formula l’inquietante debutto di Mark Z. Danielewski, o anche solo provare a ricostruirne la trama, punteggiata di citazioni, digressioni erudite, immagini e appendici. La storia ruota intorno a un misterioso manoscritto rinvenuto in un baule dopo la morte del suo estensore, l’anziano Zampanò, e consiste nell’esplorazione di un film di culto girato nella casa stregata di Ash Tree Lane in cui viveva la famiglia del regista, Will Navidson, premio Pulitzer per la fotografia, che finirà per svelare un abisso senza fine, spalancato su una tenebra senziente e ferina, capace di inghiottire chiunque osi disturbarla.

RECENSIONE
AAAAh! Quanto amo gli horror fatti bene (e scritti bene!). Questo romanzo, questo monumentale romanzo è un horror coi controfiocchi, che presenta due chiavi di lettura - di cui vi avevo già accennato - e di cui io ho scelto la lettura in chiave horror. Ma non è solo questo. Adesso, andrò nel dettaglio a raccontarvi di quest'experience letteraria fuori dal normale (V.M. Straka I see you, tu sei il prossimo!)

Casa di foglie non è un romanzo semplice, anzi. E' difficile da tenere in mano, dato la sua mole. E bisogna leggerlo per bene, non solo le parti dedicate al documentario sulla casa di Will Navidson e la sua famiglia - un fotografo premio Pulitzer che, per tentare di salvare la sua famiglia e il rapporto con sua moglie, decide di trasferirsi in una casa isolata, nelle campagne sperdute della Virginia. Bisogna leggere le note a piè di pagina, dato che è scritto come una sorta di tesi di laurea, con tanto di fake bibliografia e fake citazioni di autori di grosso calibro, come Stanley Rubik, Stephen King e Donna Tartt (trovo ironico tutto ciò, perché il libro che dovrebbe arrivarmi oggi è proprio della Tartt). Ci sono due stili di scrittura diversi, ma sono diversi anche a livello tangibile nel testo, tanto che il fake documentario ha una formattazione diversa, proprio come se tu stessi leggendo un articolo di una persona che ha studiato e si è documentata su La versione di Navidson, che altro non è che un documentario horror sulla casa. Il narratore è Johnny Truant, un ragazzo di circa vent'anni, che vive nella casa dove il suo vicino, un vecchio di nome Zampanò, ha tirato le cuoia. Zampanò ha lasciato un manoscritto incompleto, pieno di citazioni, su questo Will Navidson, i suoi figli, la sua famiglia e chiunque abbia gravitato attorno alla casa. La casa, che influisce sulla salute fisica e mentale delle persone con cui entra in contatto, e che è pervasa da una fredda e totale oscurità che divora qualsiasi cosa. In pieno stile Amytiville, insomma. Perché questo mi ha ricordato. Ma, quasi come a beffarsi del lettore, in una finta serie di interviste condotte da Karen Green - la compagna fedifraga e madre di Chad e Daisy - viene proprio detto ciò: che la casa non è costruita su un cimitero indiano. Peccato, perché sarebbe stata una spiegazione logica, quantomeno. Ma in questo romanzo non c'è niente di logico.

Le note di Johnny, un narratore inaffidabile sin dall'inizio, costituiscono gran parte delle digressioni sulla sua vita e sulla sua storia personale, e fin troppe volte la sua storia personale si fonde con quella di Navidson; tanto che mi sono ritrovata a supporre prima che Navidson fosse in realtà Zampanò. E poi, forse, a mettere in dubbio che tutto questo malloppo sia vero, cioè che sia una storia vera raccontata da Johnny. I traumi che ha subito Johnny da piccolo hanno seriamente compromesso la sua sanità mentale, su questo non c'è alcun dubbio. E le digressioni sono rese in un tale flusso di coscienza che è gran difficile trovare un punto in quel marasma di frasi collegate solo dalla virgola o dalla parentesi tonda. Ti lasciano proprio senza fiato, le sue digressioni. Ho iniziato a sospettare che tutta la storia non fosse reale, cioè non fosse una fake tesina, quando egli stesso ha dichiarato di inventare storie per far colpo sulla gente. Storie che racconta in modo credibile, talmente credibile che la gente non mette in dubbio il fatto che siano vere oppure no. E, secondo me, tutto questo mattone è la rappresentazione del bipolarismo di Johnny che poi... è davvero bipolare, oppure no? Le ultime lettere fanno pensare a tutt'altro. Ah, cavolo, era MOLTO più semplice 4321 di Paul Auster!

La cosa che ho trovato più disturbante e confusionaria, è il fatto che il confine tra la realtà e la fantasia è flebile, labile. Ti ritrovi a mettere in dubbio che ciò che tu stai leggendo sia davvero finto, inventato oppure se è davvero la realtà. In fondo, è questa la bellezza della metanarrativa, no? E' meta proprio per questo: ti fa mettere in dubbio ogni cosa, pure la tua sanità mentale lol

Devo ancora trascrivere le poche citazioni che ho trovato, quindi ci lasciamo qui.
Mi raccomando, se dovete leggerlo prendetevi una settimana o due. Leggete con calma.
Altrimenti questo mattone vi sembrerà insormontabile, e vorrete mollarlo su due piedi.

xoxo,
Giada
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