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giovedì, gennaio 15, 2015

Collaborazioni #7: Daft Punk - Musica robotica di Diego Carmignani

Buona sera, bloggers e lettori! Questa sera vi propongo le due ultime uscite targate Gargoyle Books e poi vi presenterò una succosa novità che gli e le amanti di Divergent non potranno non amare. Nel frattempo, godetevi questa presentazione dedicata ai Daft Punk e alla loro musica elettronica :)


Titolo: Daft Punk - Musica Robotica
Autore: Diego Carmignani
Introduzione di JOHN VIGNOLA
Collana: Non-Fiction "Accadimenti"
Costo: 14,90 €
Pagine: 114

Sinossi:
Il tentativo di intercettare e interpretare le infinite traiettorie dei Daft Punk.

Corredato di un suggestivo apparato fotografico, Daft Punk - musica robotica è un viaggio a più dimensioni nel mondo dei due cyborg transalpini, un tentativo di descrivere la loro parabola artistica inseguendo e andando oltre una proposta musicale che ha cambiato le carte in tavola nella discografia degli ultimi vent’anni. Un’avventura densissima di rimandi e contaminazioni, in evoluzione continua tra album, performance, video e collaborazioni e in perenne dialogo con altre forme creative e altre epoche.

Vi lascio con una citazione tratta da "Get Lucky" dei Daft Punk: "We're up all night di get lucky!"/ "Stiamo svegli tutta la notte per avere fortuna!"

Giada

mercoledì, gennaio 14, 2015

Collaborazioni #6: Robin Williams - I mille volti del talento di Gargoyle Books

Buona sera, bloggers e lettori! La penultima novità targata Gargoyle Books riguarda il grande Robin Williams! Non c'è molto da dire come introduzione, perché questo attore era semplicemente un grande!


Titolo libro: Robin Williams - I mille volti del talento
Autore: Gargoyle Books
Costo: 18 €
Pagine: 83 pagine


Sinossi:
Il volume tributo testo-immagini che l’editore Gargoyle dedica al grande attore.

Il racconto di un uomo dalla carriera costellata di successi e dalla vita ricca di affetti, che, quando non è più riuscito a fare quello che lo aveva fatto conoscere in tutto il mondo, ossia ridere della vita, ha preferito concluderla, provocando immensa e autentica costernazione.

L’analisi dei film principali, il ricordo di amici e colleghi, stralci di interviste, chiaroscuri e battute, battute e... battute.

Vi lascio con una citazione di Robin Williams: "“Ti viene data solo una piccola scintilla di follia. Non devi perderla.”
(Robin Williams)

Giada

Collaborazioni #5: Muhammad Alì - L'ultimo campione, il più grande? di Rino Tommasi

Buona sera, bloggers e lettori! Ecco il nuovo libro targato Gargoyle Books che riguarda Muhammad Ali, il più grande boxer della storia. Per chi ama lo sport e in particolare la boxe, non può perdersi questo libro! Forza, venite a leggere!


Titolo: Muhammad Alì - L'ultimo campione, il più grande? 
Autore: Rino Tommasi
Collana: Non-Fiction "Accadimenti"
Costo: 40 €
Pagine: 159

Sinossi:
Più di cinquant’anni di Boxe sviscerati appena fuori del ring.

Il racconto coinvolgente di una delle pagine più intense della Storia dello Sport, accompagnato da un suggestivo corredo di foto di repertorio per la maggior parte inedite in Italia.


Rino Tommasi prende in esame la spettacolare carriera di Muhammad Ali, di cui è stato testimone diretto. Dalla vittoria alle Olimpiadi di Roma del 1960 – quando era ancora Cassius Clay – all’incontro Ali-Foreman di Kinshasa nel 1974, fino all’ultima, toccante apparizione pubblica ai Giochi olimpici di Atlanta del 1996.

Suddiviso in capitoli/rounds, ricco di aneddoti, retroscena e curiosità, Muhammad Ali - L’ultimocampione, il più grande? racconta con efficacia come Ali sia stato capace di travalicare i confini della boxe e di calamitare un interesse mondiale attorno a questa disciplina, ammantandola di un’allure di grandiosità ed epicità senza precedenti.

Il tre volte campione del mondo dei pesi massimi è stato il più grande?

Forse a livello tecnico no, ma il suo stile – fatto di rapidità, tecnica, agilità, reattività, coordinazione, prontezza di riflessi, gioco di gambe – ha certamente ingentilito uno sport altrimenti percepito come manifestazione di violenza e come puro annientamento dell’avversario. Non a caso il pugile diceva di se stesso: «Volo come una farfalla e pungo come un’ape».

Showman dall’indiscusso carisma e abilissimo promoter di se stesso, capace di utilizzare i media come non era mai stato fatto prima, dando vita a una reciproca e, a tratti, controversa fascinazione, Ali non dimenticò mai la sua gente, quella comunità di colore vittima di una discriminazione ignobile nell’America emblema della democrazia. Discriminazione che fino al 1964-’65 (biennio delle grandi legislazioni a sostegno dell’uguaglianza tra razze) non trovò alcun intralcio formale che l’arginasse. Proprio la pervasività dell’apartheid negli USA del ventennio Cinquanta/Sessanta avvicinò il fuoriclasse all’organizzazione dei Musulmani Neri, all’interno della quale avvenne la sua conversione all’Islam, motivo dell’abbandono del nome Cassius Clay. Oltre all’attivismo in favore della sua gente, Ali è stato, anche, in prima linea sul fronte pacifista e il suo rifiuto di arruolarsi nell’esercito, ai tempi della guerra del Vietnam (celebri le battute «Man, I ain’t got not quarrel withe them Vietcong» / «No Vietcong ever called me nigger»), gli costò un prezzo altissimo (condanna a 5 anni di reclusione – seppure nella pratica non scontò nemmeno un giorno di prigione –, multa di 10.000 $, ritiro del passaporto, revoca del titolo di campione e della licenza di pugile) che lo allontanò dal ring per più di tre anni all’apice del successo.

Tommasi intreccia la storia di Muhammad Ali con quella del pugilato moderno, segnata dall’avvento della televisione fino al binario morto su cui oggi questo sport sembra procedere. Dopo di lui nessuno, è riuscito a far risplendere la boxe a livello mondiale.


Vi lascio con una citazione di questo grande boxer: "Muhammad significa degno di lode, e Ali significa altissimo. Clay significa creta, polvere. Quando ho riflettuto su questo, ho capito tutto. Ci insegnano ad amare il bianco [white]ed odiare il nero [black]. Il colore nero significa essere tagliato fuori, ostracizzato. Il nero era male. Pensiamo a blackmail [ricatto]. Hanno fatto l'angel cake [pane degli angeli]bianco e il devil's food cake [torta del diavolo] color cioccolato. Il brutto anatroccolo è nero. E poi c'è la magia nera... Quel che voglio dire è che nero è bello. Nel commercio il nero è meglio del rosso. Pensate al succo di mora: più nera è la mora, più dolce il succo. La terra grassa, fertile, è nera. Il nero non è male. I più grandi giocatori di baseball sono neri. I più grandi giocatori di football americano sono neri. I più grandi pugili sono neri."
(Muhammad Alì)

Giada

Collaborazioni #4: La stagione degli scapoli di Vincenzo Monfrecola

Buona sera, bloggers e lettori! Questa sara ci sarà una carrellata di novità tutte targate Gargoyle Books - in questo periodo lavoro molto al blog perché sono a ridosso della sessione d'esami dell'università, perciò vi posto tutto ciò che posso proprio perché non so se dopo potrò postarlo. Come potete evincere dal titolo, questa sera vi presento "La stagione degli scapoli" di Vincenzo Monfrecola, un autore di Gargoyle. Per avere maggiori informazioni continuate a leggere questo post. Buona lettura!


Titolo: La stagione degli scapoli (la prima commedia degli equivoci targata Gargoyle)
Autore: Vincenzo Monfrecola
Collana: Books 
Costo: 16 €
Pagine: 207 pagine

Sinossi: 
Gli uomini possono davvero fare a meno delle donne?

Londra, inizi del Novecento: abbandonato malamente dalla fidanzata Vera alla vigilia delle nozze, il critico letterario Cyril Billingwest affoga la sua delusione gettandosi a capofitto nella stesura de Le dodici mosse di Ulisse, animoso prontuario rivolto agli scapoli in cui l’io narrante eroe omerico indica una dozzina di regole infallibili per tenere lontano lo spettro insidioso del matrimonio. Venuto a conoscenza del progetto letterario, George Billingwest, astuto e calcolatore quanto Cyril è candido e romantico, propone al cugino di utilizzare il suo vademecum come statuto di un sindacato maschile da fondare insieme. La neoistituzione, improntata alla più rigorosa misoginia, si chiamerà: Scapolificio Billingwest. Deputata a coordinare la macchina organizzativa dovrà essere – in ossequio alla 12a mossa di Ulisse – una segretaria tuttofare “brutta e antipatica così da accentuare in ogni uomo la propensione alle magnificenze di una vita solitaria”. A presentarsi all’appello è Penelope Truton, una giovane donna che, invece, è bella, simpatica e di spiccata perspicacia. Ed ecco che le carte cominciano a sparigliarsi, poiché i due cugini restano irretiti dalla ragazza per motivi opposti e la reclutano, trasgredendo allo Statuto. Refrattaria a ogni soluzione troppo facile, Penelope dimostra subito un’indomabile volontà di pensare con la propria testa, venendo a scoprire cose che metteranno a dura prova le sorti dello Scapolificio...

Tra gite balneari impreviste, movimentate tenzoni poetiche e match di pugilato disputati alla bell’e meglio, scivola una briosa commedia d’antan, dove tutto risulta ribaltabile con grazia.

Ne La stagione degli scapoli emerge la ritemprante inattualità che caratterizza anche le precedenti prove di Vincenzo Monfrecola. Lo scrittore partenopeo si smarca con naturalezza da mode, classificazioni e da una certa cupezza letteraria assai acclamata e va contro corrente; segue una strada completamente sua che è un omaggio reiterato all’Inghilterra edoardiana, imbevuto di positivismo e puntellato di dandismo, dove il cinismo viene messo alla berlina e, soprattutto, lo humour è sempre in agguato. Situazioni comiche, battute di spirito, parossismi, equivoci esilaranti e congetture concorrono, infatti, alla creazione di un’atmosfera di leggiadria giocosa e di una trama coinvolgente imperniata sull’annoso tema dei rapporti uomo/donna.

Con una una prosa chiara e scorrevole – notevolmente vivace nei dialoghi –, l’autore ripristina, almeno nella finzione letteraria, quella giustizia amorosa che di frequente latita nelle storie sentimentali reali, un invito garbato a smantellare reciprochi pregiudizi e diffidenze.


Vi lascio con una citazione di un noto e amato scrittore inglese che scrisse "Il ritratto di Dorian Gray": "
Occorre che un nuovo edonismo ricrei la vita, salvandola da quell'aspro e goffo puritanesimo che ha avuto, ai nostri giorni, una strana rinascenza. Esso dovrà' farsi forte dell'intelletto, certamente, ma dovrà' anche rinnegare ogni teoria, ogni sistema che esige il sacrificio di una forma qualsiasi di esperienza passionale. Questo edonismo avrà' per scopo l'esperienza stessa, e non i frutti dell'esperienza, dolci o amari che siano. Ignorerà' tanto l'estetismo che addormenta i sensi, quanto la libidine che li attutisce. Ma insegnerà' all'uomo l'arte di concentrarsi sui momenti di una vita che non è in se stessa che un momento."
(Oscar Wilde)

Collaborazioni #3: L'ultima colonia di John Scalzi

Buona sera, bloggers e lettori! Anche questa sera presenterò un libro targato Gargoyle Books, "L'ultima colonia" di John Scalzi, un libro che penso vi piacerà molto. Curiosi? Continuate a leggere questo post e scoprirete qualcosa di più su questo bel libro. Buona lettura!


Titolo: L'ultima colonia
Autore: John Scalzi (l'autore di "Morire per vivere" e "Le brigate fantasma")
Collana: Extra
Costo: 18 €
Pagine: 315 pagine
Titolo originale: The Last Colony ( 2007), traduzione di Benedetta Tavani

Sinossi:
Non sempre eseguire gli ordini fa davvero un buon soldato.

John Perry e Jane Sagan − ex soldati delle Forze di Difesa Coloniale − hanno rinunciato alla vita militare e ai loro corpi geneticamente modificati per vivere come Amministratori del pianeta di Huckleberry. La loro tranquillità viene, però, interrotta dalla visita del Generale Rybicki, che propone a entrambi di diventare responsabili del governo di Roanoke, una nuova colonia umana. Vinte le iniziali titubanze, la coppia accetta e parte. L’approdo − lo si scoprirà presto − non è Roanoke bensì un altro pianeta da dove i due − esche, loro malgrado, necessarie alla messa a punto di un piano di guerra − dovranno attirare le astronavi del Conclave, una federazione di razze extraterrestri con l’obiettivo di limitare l’espansione della specie umana nell’universo. Le flotte aliene, una volta individuati i nuovi insediamenti terrestri, provvedono ad evacuarli e, se i coloni fanno resistenza, li eliminano. Oramai per l’Unione Coloniale la situazione è diventata insostenibile: il Conclave deve essere annientato, anche a costo della carneficina degli abitanti di Roanoke. A questa macabra eventualità non intendono sottostare né il Maggiore Perry né il Tenente Sagan, il cui acume strategico e la consolidata esperienza si riveleranno determinanti per far prendere una piega del tutto inaspettata al corso degli eventi.

Terzo titolo della serie “Old Man’s War”, anche L’ultima colonia procede perfettamente autonomo rispetto a Morire per vivere e a Le Brigate Fantasma. A differenza dei due romanzi precedenti, qui Scalzi mette in secondo piano le scene d’azione e dei combattimenti interstellari e si concentra di più sui contraccolpi che i giochi della politica e del potere hanno sui personaggi.

Centrale è infatti la riflessione − in chiave felicemente narrativa − sull’imperialismo, credo di un ceto politico il quale, pur di rafforzare maggiormente la propria influenza, ignora le priorità e il benessere delle popolazioni che dovrebbe rappresentare.

Gli obiettivi di dominio dell’Unione Coloniale rimandano alle brame espansionistiche dei governi reali, sempre più sordi e accentratori.

Nel romanzo, però, l’impeto predatorio dell’UC trova un freno nell’attitudine alla compassione dei protagonisti, John Perry e Jean Sagan. I due si affrancano dai diktat dell’UC e agiscono, invece, in favore della pace e dell’unità.

Quest’attenzione al percorso etico dei personaggi si sviluppa in maniera affatto buonista bensì nello stile di Scalzi, irriverente e fulmineo insieme.

Lo scrittore ci lascia con il dubbio che gli uomini possano essere migliori dei loro governi.

Un’utopia o un monito di speranza in questi tempi tetri di conflitti permanenti?


Vi lascio con una citazione di John Scalzi: "“I am not responsible for actions of the imaginary version of me you have inside your head.” ― John Scalzi/ "Non sono responsabile per le azioni dell'immaginaria versione di me che hai nella testa."

Giada

martedì, gennaio 13, 2015

Collaborazioni #2: Le mie due vite di Jo Walton

Buona sera, bloggers e lettori! Questa sera presenterò un altro libro targato Gargoyle Books, ovvero "Le mie due vite" di Jo Walton, un libro imperdibile per gli amanti del genere contemporaneo. Volete saperne di più? Continuate a leggere questo post!

Titolo libro: Le mie due vite
Autore: Jo Walton (l'autrice di "Un altro mondo")
Collana: Extra
Pagine: 313 pagine
Costo: 18 €
Titolo originale: My Real Children,traduzione di Daniela Di Falco

Sinossi: 
Una donna, Due vite, Due versioni incredibili della storia del Novecento.

2015: Patricia Cowan è una donna molto in là con gli anni (è nata nel 1926), ricoverata in una casa di cura. Le sfuggono dettagli altrimenti facilmente impressi nella memoria dei più – come l’anno in cui sta vivendo o gli eventi principali della vita dei figli –, rammentandone altri che, al contrario, non paiono possibili. I suoi ricordi prendono due differenti e inconciliabili direzioni dal 1949, quando Patricia riceve la proposta di matrimonio di Mark Anston, aspirante filosofo con velleità accademiche, incontrato a Oxford dove entrambi studiano. Ha effettivamente accettato di sposare Mark, rivelatosi poi uomo e marito accecato da un bigottismo furioso e aggressivo che ha spazzato via ogni possibile gioia dalla loro unione, malgrado la nascita di quattro figli? Con altrettanto nitore, infatti, Patricia ricorda di essersi legata – a dispetto dei pregiudizi dell’epoca – a un’altra donna, la biologa Bee, con la quale ha allevato tre figli.

Il suo senso di scissione diventa un tarlo insostenibile, generandole domande su domande a cominciare dal suo stesso nome: si chiama Trish o Pat?

È stata una casalinga affrancatasi dall’intollerabile routine coniugale soltanto dopo la crescita dei figli, per dedicarsi, finalmente, all’impegno politico? Oppure un’affermata scrittrice di guide di viaggi, forte di un amore pieno di comprensione e attenzione?

Anche la memoria dei fatti storici differisce a seconda della vita che Patricia ha avuto.

I ricordi confusi di due passati così antitetici vengono scambiati dai medici per sintomi di demenza senile. Ma l’anziana donna non ne è affatto certa, e vuole cercare di rimettere insieme i pezzi per capire chi è stata in realtà, anche perché le sue scelte individuali – così diverse – sembra abbiano avuto un peso sulle sorti del mondo al punto da farlo diventare un posto incantevole in cui vivere e, contemporaneamente, lo scenario di azioni spaventose.

Ne Le mie due vite, Jo Walton – uno dei nomi più originali e interessanti della fantascienza e del fantastico contemporanei, non a caso insignito dei maggiori premi quanto a genere – sviluppa e dilata il concetto di sliding doors: ciò che è stato si confonde e sovrappone a qualcos’altro che sembra essere stato ugualmente ma differentemente.

Il romanzo è una raffinatissima ucronia, resa attraverso il registro del realismo narrativo (stile sobrio e sorvegliato, privo di sentimentalismi, che non a caso ha fatto ricordare a qualcuno quello dei racconti di Alice Munro), che farà la felicità degli appassionati di fantascienza più esigenti, dal momento che l’autrice non si risparmia nel ridisegno della Storia – in particolare del periodo della Guerra Fredda – dandone più versioni in un’unica trama, che, lungi dal perdere di ritmo e vigore, aumenta sia il coinvolgimento sia gli spunti di riflessione nel lettore.

Al centro del romanzo giganteggia il tema primario delle scelte: come queste plasmino le nostre vite, e come l’andamento delle nostre vite, pur fortemente condizionato dal rimpianto di alcuni treni persi, possa comunque trovare un suo equilibrio attraverso l’accettazione.

L’autrice sfugge alla trappola del manicheismo pur presentandoci due vissuti assai diversi – da un lato, quello di umiliazione e frustrazione di Trish, dall’altro quello anticonformista e all’insegna della realizzazione personale di Pat. Il romanzo ci dice, infatti, che l’esistenza di ognuno non può leggersi a senso unico. La felicità trova sempre un ingresso grazie all’amore, l’affetto e la cura che si è capaci di dare e ricevere, e grazie alla capacità individuale di trovare senso nelle cose che si fanno, indipendententemente dalle circostanze. Allo stesso modo, anche il dolore trova sempre un varco libero che si può sopportare solo con la resilienza.

Eccellente romanzo di costume dalla parte delle donne, Le mie due vite trasporta il lettore nel clima soffocante di sessismo istituzionalizzato dell’Inghilterra del secondo dopoguerra e innova, altresì, i topoi del filone fantastico dando spazio alla questione omosessuale e a tutti i problemi conseguenti il suo disconoscimento sociale, a conferma di un interesse autentico da parte degli scrittori di genere nel misurarsi incisivamente col tema.

Da Le mie due vite:
Se i mondi erano due, cosa la induceva a scivolare dall’uno all’altro? […] L’anno era lo stesso, qualunque esso fosse. Solo che le cose erano differenti, e invece non avrebbero dovuto esserlo. Aveva quattro figli, oppure tre. […] Ricordava cose che non potevano essere entrambe vere allo stesso tempo. Ricordava l’assassinio di Kennedy, ma anche che il presidente si era rifiutato di ricandidarsi dopo la crisi dei missili di Cuba. Non potevano essere accadute tutte e due le cose, eppure lei ricordava così. Aveva fatto una scelta che avrebbe potuto condurla in due direzioni diverse e, di conseguenza, aveva avuto due vite? Due vite cominciate entrambe a Twickenham nel 1926 ed entrambe concluse lì in quella casa di cura nel 2014 o 2015, qualunque dei due fosse?

Hanno detto:
Le mie due vite inizia pacatamente, poi all’improvviso ti sbalza in due tragitti da montagne russe, discendendo vertiginosamente attraverso un doppio panorama che termina in una sorta di super Scelta di Sophie. Un intrepido tour de force.
(Ursula K. Le Guin)

Un trionfo che non necessita di clamore, che ha molto in comune sia con i racconti di Alice Munro sia con La svastica sul sole di Philip K. Dick.
(Lev Grossman)

Mi sbalordisce non poco la facilità con cui questo racconto così pacato e questa prosa così misurata riescano a impegnare il mio cervello, far ribollire il sangue nelle mie vene e – alla fine – spezzarmi il cuore.
Grazie, signora Walton, per avermi mostrato come si fa.
(Peter Watts)

Le mie due vite è un romanzo sulla vita comune, piena di amore e tormento, abitata da genitori, figli e amici, animata da idee. È l’affascinante, struggente risposta alla domanda che ognuno di noi prima o poi si pone: “Come sarebbe andata se non avessi fatto quella scelta?”.
(Lisa Goldstein)

Jo Walton (Aberdare, Galles 1964) è poetessa e scrittrice. Nel 2002, ha vinto il John W. Campbell Award come Miglior Scrittore Esordiente. Tra i suoi romanzi, oltre a Le mie due vite, Un altro mondo (Nebula e Hugo Awards2011, British Fantasy Award 2012), primo titolo pubblicato in Italia per i tipi di Gargoyle (2013), The King’s Peace(2000),The King’s Name (2001) e Tooth and Claw (World Fantasy Award 2004). Vive a Montreal (Quebec) con il marito e il figlio.
www.jowaltonbooks.com

Vi lascio con una citazione tratta dal romanzo "Among Others" (Tra gli altri), poiché non sono riuscita a trovare citazioni riguardanti questo libro che m'ispira un sacco: "“It doesn't matter. I have books, new books, and I can bear anything as long as there are books.” ― Jo Walton, Among Others/ "Non importa. Ho libri, libri nuovi e posso sopportare qualsiasi cosa finché ci sono libri."

Giada

lunedì, gennaio 12, 2015

Collaborazioni #1: Le spade dell'imperatore di Brian Staveley

Buona sera, bloggers e lettori! Questo post inaugura la collaborazione con la casa editrice Gargoyle Books, una casa editrice che pubblica svariati generi, tra cui il fantasy. Il libro che vi presento oggi è "Le spade dell'imperatore" di Brian Staveley. Qui sotto troverete tutte le informazioni che vi servono. Buona lettura!

Titolo libro: Le spade dell'imperatore
Autore: Brian Staveley
Genere: Epic Fantasy
Collana: Extra
Pagine: 619
Costo: 19,50 €
Titolo originale: The Emperor’s Blades,traduzione di Stefania Minacapelli

Sinossi:
Quanto potente può essere la mente?
Quanto resistente il corpo?
Quanto tenace la brama della verità?
Nell’Impero del Trono Incompiuto, tre fratelli sono in cerca di giustizia

L’omicidio dell'Imperatore getta nel caos la città di Annur, capitale del Regno.
Chi ha ucciso il vecchio Sanlitun?
I suoi tre figli devono prepararsi a smascherare una congiura dai mille risvolti, uno più insidioso e micidiale dell’altro, mentre la distanza fisica che li separa costituisce un ulteriore ostacolo alla loro volontà di giustizia.
Adare, la primogenita, è rimasta a fianco al padre, interna al Palazzo dell’Aurora, in qualità di Ministro delle Finanze; avvezza a interpretare le scaltrezze della politica, deve fronteggiare l’influenza tentacolare di Uinian IV, il Sommo Sacerdote di Intarra, divinità della luce, del Sole, del Fuoco e delle Stelle.
Kaden, l’erede al Trono Incompiuto, è confinato in un monastero di una sperduta località montuosa, dove è iniziato dai monaci Shin al vaniate, una condizione che, attraverso la pratica della smaterializzazione del corpo e dello spirito, potenzia le facoltà mentali, ma che, se non gestita con l’autodisciplina, può risultare letale.
Valyn, invece, si trova da anni nel lontano arcipelago Quirin, dove si svolge il durissimo addestramento per diventare membri dei kettral, l’élite militare del Regno. Le prove cui sono sottoposti i cadetti sono d’indicibile durezza e si concludono con la Prova di Hull, il cui superamento è imprescindibile per entrare a tutti gli effetti nel prestigioso corpo di guerrieri.
La sorte dei tre giovani e dell’intero popolo annuriano verrà decisa in una brutale lotta contro nemici ignoti e sotto l’egida di un’antica e feroce stirpe immortale.
Primo Libro della trilogia “Cronache del Trono Incompiuto”, Le spade dell’Imperatore è un fantasy epico contraddistinto da un’architettura di notevole raffinatezza e da una una trama avvincente e densa di rimandi (l’Impero Romano d’Oriente, la Cina imperiale di epoca Tang, i ninja giapponesi, senza dimenticare la tradizione fantastica angloamericana che va da Tolkien a Joe Abercrombie, passando per Martin e Gemmell). Il romanzo sviluppa in maniera suggestiva, da un lato, il tema universale della lotta al potere e del ruolo – sottile e crudele – della congiura a scapito di qualsiasi afflato etico, dall’altro il grande topos della dualità forza mentale/forza fisica. Ambiguità morale, personaggi chiaroscurali, decisioni complesse, invasioni, soprusi, sortilegi, profezie e riti magici contribuiscono alla creazione di un universo fantastico di spiccata vividezza, che appaga la lettura al punto di non desiderare altro che prolungarla conoscerne il seguito.

Da Le spade dell’Imperatore:
Ci sono due mondi, quello della vita e quello delle tenebre, e non si può vivere in entrambi. […] Sembrava una buona lezione per un Kettral, una lezione che non si sarebbe mai potuta imparare sulla terra, né in mille giorni passati a tirare di scherma o a sganciare barili; il tipo di lezione che doveva entrare nelle ossa. «Un mondo di vita e un mondo di tenebre», mormorò Valyn tra sé, vagamente consapevole di cominciare a delirare. Non c’era nulla da fare, nient’altro se non spingersi nelle viscere della terra, giù, giù, giù all'infinito, oltre le biforcazioni e le diramazioni, guadando con l’acqua alla vita i fiumi sotterranei, arrampicarsi sulle sporgenze rocciose, a volte camminando, altre strisciando finché le ginocchia i palmi delle mani non diventavano appiccicosi di sangue.

Hanno detto:
Un romanzo sorprendentemente emozionante, con personaggi capaci di far sentire il lettore completamente coinvolto.
(Sara Prian – La Voce di Venezia)

L’elemento forse più interessante della storia di Staveley è che la razza umana altro non è che una forma corrotta, mortale e in balìa dei sentimenti, di una stirpe superiore – i Csestriim –, una mutazione che, con la sua prolificità, ha preso il sopravvento.
(Stefano Sacchini – Cronache di un sole lontano)

Staveley regala ai suoi lettori un universo vivido e viscerale. Irresistibile.
(The New York Times)

Un fantasy dal ritmo mozzafiato e dalla trama sorprendente.
(Publishers Weekly)

SULL'AUTORE
Dopo aver insegnato Letteratura, Religione, Storia e Filosofia, materie d’indubbia influenza sulla sua poetica narrativa,Brian Staveley si dedica completamente alla scrittura. Consegue un master in Scrittura creativa alla Boston University, lavora come editor per Antilever Press e pubblica saggi e poesie.
Le spade dell’Imperatore costituisce il suo felice esordio nella narrativa fantastica ed è il primo capitolo di una trilogia intitolata “Le Cronache del Trono Incompiuto”, di cui in USA è imminente l’uscita del secondo episodio, The Providence of Fire.
Staveley vive nel Vermont con la moglie e il figlio.

Vi lascio con una citazione tratta da questo bellissimo romanzo fantasy che va ad aggiungersi alle millemila romanzi fantasy che devo ancora leggere: "Ci sono due mondi, quello della vita e quello delle tenebre, e non si può vivere in entrambi. […] Sembrava una buona lezione per un Kettral, una lezione che non si sarebbe mai potuta imparare sulla terra, né in mille giorni passati a tirare di scherma o a sganciare barili; il tipo di lezione che doveva entrare nelle ossa. «Un mondo di vita e un mondo di tenebre», mormorò Valyn tra sé, vagamente consapevole di cominciare a delirare. Non c’era nulla da fare, nient’altro se non spingersi nelle viscere della terra, giù, giù, giù all'infinito, oltre le biforcazioni e le diramazioni, guadando con l’acqua alla vita i fiumi sotterranei, arrampicarsi sulle sporgenze rocciose, a volte camminando, altre strisciando finché le ginocchia i palmi delle mani non diventavano appiccicosi di sangue."

Giada
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