Buon pomeriggio, bloggers e lettori! Come indicato dal titolo, in questo post vi proporrò la mia traduzione del saggio di Mark Bane "Il mito fatto realtà: le origini delle 'Cronache di Narnia'". Sì, questo è ufficialmente il penultimo post sulle Cronache, ci avviamo alla conclusione definitiva, finalmente! La ragione per cui vi ho voluto mettere tale traduzione è perché essa è un'anticipazione alle mie considerazioni finali sulla serie di libri che ho letto e della cui lettura vi ho resi partecipi in questi mesi.
IL MITO FATTO REALTA’:
LE ORIGINI DELLE CRONACHE DI NARNIA
Nel processo di scrittura delle Cronache di Narnia, C.S. Lewis ha gradualmente espanso l’ampiezza e lo scopo delle sue ambizioni letterarie. Ciò che era visto all'inizio come una collezione di storie per bambini, si sviluppò in una complessa rappresentazione di un intero universo morale. Man a mano che i 7 libri progrediscono, Lewis spiega il piano divino per questo universo dalla sua creazione fino alla sua apocalisse. Comunque, l’unicità degli obbiettivi letterari di Lewis deriva dal fatto che Lewis riesce a gestire due cose in una. Cioè, lui rimane fedele alla sua originale intenzione di scrivere libri per bambini aggiungendo sottili complessità morale e spirituali. Queste complessità non sono dovute ad intrusioni autoritarie o editoriali. Loro sembrano invece intrecciare la vera fabbrica creativa dell’universo di Lewis, così le Cronache di Narnia sono una serie di libri che sono in grado di deliziare i sensi tanto quanto sfidare e agitare l’animo.
Per capire la precedente affermazione, è necessario esaminare le circostanze sotto le quali questi libri furono scritti. Durante la seconda guerra mondiale, Lewis accettò un numero di bambini che erano stati evacuati dalle loro case a causa dei raid aerei che imperversavano a Londra. Non avendo bambini suoi, lui dice che il miglior modo per intrattenere questi giovani ospiti sarebbe stato raccontare loro storie. Un piccolissimo frammento di una di queste storie sopravvive. In esso, i quattro bambini (due bambini e due bambine) sono evacuati dalla loro casa, separati dai loro genitori e mandati a vivere con uno strano vecchio professore. Non solo questo frammento è praticamente identifico ad uno dei passaggi di apertura de “Il leone, la strega e l’armadio”, ma è anche la difficile situazione è molto simile a ciò che uno dei reali ospiti di Lewis aveva affrontato. Dopo tutto, Lewis stesso era (secondo gli standard dei bambini) era “un professore molto vecchio”, e senza dubbio, e intimidiva i suoi giovani inquilini. Dato che l’autore aveva cercato di fare in modo che l’arte imitasse la vita reale, è altamente probabile che le originali intenzioni di Lewis nello scrivere le Cronache era di intrattenere questi giovani sfollati con una versione fantastica delle loro stesse storie.
Per qualsivoglia ragione, C.S. Lewis aveva scelto di cominciare il suo racconto nell'Inghilterra rurale, nella casa del professore sopra menzionato. Ma cosa sarebbe successo dopo? Questa doveva essere una storia per bambini, perciò Lewis attinse a quel genere di cose che lo deliziavano da bambino. Lui aveva un duraturo amore per “le favole”, perciò scelse immediatamente quel genere. Ma era anche il format perfetto per un libro per bambini, dato che non richiedeva romanticismo e nemmeno aveva bisogno di molta intrusione da parte dell’autore.
Perciò Lewis aveva deciso che questo libro sarebbe stato un racconto di magiche e fantastiche avventure. Ma che tipo di magiche avventure avrebbe potuto avere lui nell'ammuffita casa di un professore vecchio e ammuffito? Non molto e questa è la ragione per cui Lewis trovò necessario espandere l’ambientazione. Dai suoi primi giorni d’infanzia, lui è stato occupato con la creazione della sua città immaginaria: Animalandia, che lascia presupporre il grande stato di Boxen. L’immaginazione del giovane Lewis era meticolosamente dettagliata, lui aveva perfino pianificato le rotte del piroscafo di questa nazione e gli orari della ferrovia. Sebbene nessun piroscafo o stazione esista a Narnia, la nazione al di là dell’armadio riflette gli stessi grandi dettagli immaginari presenti nelle prime creazioni dell’autore. Presto la terra incantata di Lewis sviluppò la sua storia, geografia, miti, leggende e profezie. L’amorevole cura con cui lui si riferiva alle minutiae della vera vita di Narnia rivela che Lewis non aveva più intenzione di scrivere una storia per bambini, lui stava anche partecipando alla potente magia che il professor Tolkien chiama “sub-creazione”.
Uno dei dettagli più caratteristici di Boxen, il mondo del giovane Lewis, erano i suoi abitanti. Molti dei più illustri Boxoniani erano infatti degli animali che camminavano, parlavano ed indossavano vestiti. Questi animali antropomorfizzati che troveranno la loro strada per Narnia sotto forma di memorabili personaggi come il topino armato di spada Ripicì, lo scettico Bri, e naturalmente il grande leone Aslan. Comunque, l'uso di animali come personaggi principali non era solo una continuazione delle fantasie della fanciullezza di Lewis - era una deliberata, calcolata decisione da parte dell'autore. Usando gli animali, Lewis poté comunicare tutte le sottili sfumature della personalità umana senza minare o compromettere il livello di comprensione o l'interesse del suo giovane pubblico. Quale modo migliore per mostrare maestosità regola e gloria se non rendendo Aslan "Il Re degli Animali"?
Lewis aveva sempre voluto scrivere quel tipo di libri che lui stesso avrebbe voluto leggere. Infatti, lui scrisse questa celebrata trilogia spaziale perché all'epoca non c'erano abbastanza storie di science-fiction del tipo che lui avrebbe voluto leggere se fossero state scritte. Dunque Narnia diventò un luogo nel quale lui poté mettere in vetrina alcuni dei suoi interessi letterari. Lui aveva sempre amato la mitologia antica, perciò aggiunse al suo regno di animali parlanti molti personaggi dalla tradizione classica, includendo anche fauni, satiri, centauri, driadi, naiadi e molte altre creature mitologiche. Perfico Bacco, il dio romano del vino fa un'apparizione speciale. Dalle mitologie nordiche, Lewis incorporò giganti e nani e L'Albero della Cenere del Mondo.
A fianco alla mitologia classica, la tradizione medievale della cavalleria e dei cavalieri in armi era cara al cuore di Lewis. Narnia si sviluppò in un remo dove ideali cortesi fiorirono sotto imponenti e maestosi re e regine. C'era il cavalierato da vincere sul campo di guerra, e un severo codice d'onore che se una persona lo violava, lo faceva a proprio rischio e pericolo. Lewis aggiunse una forma di "Saraceni" con cui i suoi cavalieri di Narnia potevano lottare: i Calormeniani simili ai Persiani che veneravano il dio-uccello Tash. Lewis prese in prestito le idee medievali della belle dame sans merci e l'Arturiano Morgan Le Fay nel creare le sue cattive: la Strega Bianca Jadis e la Signora dalla Veste Verde.
C.S. Lewis prese in prestito questi elementi perché erano cose che gli piacevano e con cui lui si identificava. Lui cercava di comunicare il suo amore per le fiabe eroiche dell'antichità e forse di coltivare lo stesso amore in una nuova generazione di lettori.
Per contro, in questa Narnia nuovamente immaginata, Lewis avrebbe voluto che le storie di scrivessero da sé. Lui fece ciò in un modo unico, facendo affidamento alle immagini che lui avrebbe voluto vedere nella sua mente. Certe immagini, disse, si sarebbero organizzate da sé come una storia; era poi compito dell'autore "chiudere i buchi" così disse. Un immagine, il fauno con l'ombrello, si risolse nel signor Tumnus. La regina delle nevi su una slitta diventò la Strega Bianca. Lewis formò queste immagini in storie in modo da "esorcizzarle" dalle propria mente. L'immagine del fauno aveva risieduto nella sua mente fon da quando era un teenager. Prima che mettesse il leone Aslan nella storia, Lewis ha sognato per più notti di fila dei leoni. Queste immagini venivano da una fonte sconosciuta, ma molte di loro reclamarono a gran voce una loro parte nelle sue storie. Un interessante confronto di questo fenomeno accade nel terzo libro, "Il Viaggio del veliero": qui, un quadro con una barca cresce fino ad espandersi fino a quando non diventa davvero una nave sul mare, un portale verso Narnia. E' una raffinata dimostrazione dell'intenzione di Lewis di rendere le sue immagini interne reali, le quali agiscono come finestre che si aprono nel mondo della sua immaginazione.
Finora, poco è stato detto circa lo spirituale, il religioso, perché non dirlo: l'elemento cristiano nelle Cronache di Narnia. Questo perché quell'elemento non era presenta alla nascita del ciclo narrativo, Lewis aveva negato, enfatizzando, che lui si sarebbe messo a scrivere una serie di storie che erano rappresentazioni codificate della Verità Cristiana, o lezioni morali ingannevoli create per richiamare il giovane pubblico. Ciononostante, l'elemento cristiano nel mythos di Narnia è inconfondibile. Perciò come ha fatto quest'elemento a trovare il modo di entrare in queste storie? Beh, in un modello sub-creativo, Lewis vide nel suo manoscritto il Leone Aslan e vide che era cosa buona. Immediatamente l'autore riconobbe il potenziale di questo personaggio. Il leone era arrivato come "delimitazione" o "limite" nella storia, e Lui era ovviamente uno dei più grandi personaggi. Lewis subito notò l'amorevole timore che gli altri personaggi avrebbero potuto provare ogni volta che lo incontravano. Oltre a ciò, lui non si era perso nella narrazione quando aveva descritto il leone Aslan in quanto il leone era, nella Bibbia, un simbolo che ricorreva spesso e che indicava il Cristo. Qui l'autore si chiese: "Cosa succederebbe se il Figlio di Dio entrasse in un mondo di animali parlanti nella forma del leone?". Se Lewis potesse presentare la versione di Narnia dell'Incarnazione, lui avrebbe un forum nel quale poter articolare alcuni dei suoi sentimenti più preziosi verso Dio. E avrebbe potuto farlo senza la Legge, senza alcun dovere morale o ipocrisia che entri nell'equazione. E' stata l'esperienza personale di Lewis che ha reso difficile sentire nel modo in cui forse si era sentito verso un Dio qualunque, era il semplice fatto che ci fossero dei sentimenti che chiunque dovrebbe avere verso quel Dio. Con Asla, Lewis fece tabula rasa. Lui poteva spingere i lettori a provare amore e devozione senza quel soffocante senso di dovere. Lui poté trasmettere la sua grande gratitudine e il suo amore per Dio senza fare sermoni. Lui poté, come una volta disse, "rubare al passato quei vigili draghi".
Nei primi due libri, Aslan è una figura netta, chiara. Lui ispira paura nei suoi nemici e amore e devozione nei suoi amici. Lui rende quattro bambini del nostro mondo potenti re e regine, e bandisce tutte le tracce del male dal suo regno. Qui Lewis sta parlando dei primi gloriosi giorni di esperienza spirituale del singolo individuo.
Comunque, con l'avvento del terzo libro "Il viaggio del veliero", Lewis porta il lettore in ancora più profonde acque teologiche. Qui Aslan è più distante; lui appare in altre forme, come quelle dell'agnello e dell'albatro. Lewis approfondisce l'esperienza spirituale dei suoi personaggi rendendo Aslan difficile da trovare. La fede adesso entra in equiparazione con il credere senza vedere. Questo è personificato al meglio dal topo Ripicì, che è determinato a trovare la Terra di Aslan, anche se deve nuotare fino alla Fine del Mondo per farlo. Sempre nel "Viaggio del veliero", Lewis presenta l'idea dello scettico, del non credente, nella forma di Eustachio Clarence Scrubb. Eustachio è trasformato in un drago a causa della sua avidità ed ignoranza. Aslan sbuccia via gli strati di pelle di drago fino a quando il vero bambino sottostante viene svelato; in questo modo, il lettore riesce a capire il processo di conversione e santificazione.
I due libri successivi "La sedia d'argento" e "Il cavallo e il ragazzo" rivelano alcuni aspetti "selvaggi" di Aslan. Lui è, dopotutto, "un leone non addomesticato". Nella "Sedia d'argento", quando Jill ed Eustachio vanno per la prima volta nella Terra di Aslan, Jill spinge il suo compagno giù da un precipizio: a causa di questa grande malefatta, Aslan si mette tra lei e il fiume d'acqua. Lui avverte Jill che ha già mangiato piccole bambine prima "e bambini, donne e uomini, re e regine e reami". Comunque, anche in questo aspetto terribile, Aslan vuole che la ragazza venga a bere. La paura di Dio non ci deve impedire di andare da Lui. Più tardi, Aslan da' a Jill un numero di segni da seguire, che lei prontamente dimentica. Quando lei si dispera di ciò in un sogno, Aslan la esorta ad essere coraggiosa: "Non ti rimprovererò sempre", le dice Aslan. Lewis sta illustrando il fatto che la correzione di Dio è d'amore, non di austerità. Ma Dio è sempre Dio come mostrato ne "Il cavallo e il ragazzo". Aslan graffia la principessa Calormeniana Aravis, perché in questo modo lei si ricordi come ci si sente a venire frustrati. Lewis ritrae anche Aslan come un cacciatore divino, un segugio del cielo, in questo romanzo. Il leone insegue Shasta durante tutta la quest, conducendolo alla sua destinazione e al suo destino.
Avendo rivelato la natura divina nei precedenti libri, Lewis usa le ultime due Cronache per affrontare questioni escatologiche, vale a dire l'inizio e la fine di Narnia. Ne "Il nipote del mago" Lewis ci racconta della Genesi di Narnia. Qui Aslan è descritto come il Creatore, lui canta per dare vita a Narnia e da' agli animali il dono della parola. Il Male entra nel giovane mondo attraverso una creatura "caduta": Jadis, la regina del morto mondo di Charn. Come nella storia dell'Eden, Lewis incorpora un giardino con un frutto particolare e molto potente. Lui ritrae anche il ruolo dell'uomo nella creazione stabilendo come re e regina di Narnia un re e una regina. "L'ultima battaglia" mostra la fine di Narnia. Prima noi vediamo la sua discesa nella malvagità e poi il rifiuto dell'autorità di Aslan
(rappresentato in questo caso dai nani che non vogliono nessun re, non vogliono essere comandati da nessun essere superiore). Più avanti, i pochi Narniani fedeli sono perseguitati. Quando le cose sembrano più nere che mai, Aslan ritorna per salvare il giorno, ma lo fa rendendo ciò L'Ultimo Giorno. Tutti i mondi hanno la loro fine, secondo Lewis, eccetto la Terra di Aslan. Tutti i fedeli amici di Narnia entrano nella Terra di Aslan, dove si riuniscono con i loro vecchi amici. Ma questa non è la fine. Gli ospiti di Aslan sono invitati ad andare "più in alto e più avanti" per gloriose avventure che sono troppo belle da descrivere. Lewis finisce quest'ultima storia di Narnia dando ai lettori un anticipazione di com'è il Paradiso.
In ultima analisi, è difficile cogliere qualsiasi cosa, come la semplice intenzione di Lewis di scrivere le Cronache. I suoi scopi erano costruiti l'uno sopra all'altro. Lui procedette dalle storie per bambini, dalle favole per bambini e le ha portò in un reame di intensa teologia. Comunque, nessuna parte gioisce del successo ottenuto a spese dell'altra. E' il fatto che "Le Cronache" sono favole che fanno splendere la ricchezza spirituale che vi è dentro di loro, ed è questa ricchezza che e rende una specie di favole che possono essere apprezzate da tutti, sia dagli adulti che dai bambini.
Nel post successivo vi presenterò le mie conclusioni finali, chiudendo la mia avventura nel magico mondo di Narnia creato da questo magnifico scrittore. Vi lascio con una citazione tratta da "La sedia d'argento" in cui Jill, Eustachio e Rilian riescono ad uscire dal Mondodisotto e si ritrovano a Narnia:
Jill era così felice ed emozionata che per poco non svenne, rapita dalla musica selvaggia, misteriosa e dolce che sapeva di magia bianca quanto le note suonate dalla strega sprigionavano diavolerie e malvagità. Per raccontare uno spettacolo del genere ci vogliono molte parole, per ammirarlo pochi istanti: per lei fu come un flash.
Giada